giovedì 25 dicembre 2014

Buon Natale

Fa caldo.
Siamo al 25 dicembre, ma fa caldo. 
Mi piace il Natale. Mi regala dei punti fermi.

A Natale trasmettono "Una poltrona per due"
I cattolici praticanti decuplicano. Non vai mai a messa, perché andarci solo a Natale?
Ci sarà sempre qualcuno che ti regalerà una sciarpa o dei guanti. 
Avanzerà del cibo perché si cucina per almeno il doppio delle bocche del nostro desco.
Ci sono due categorie di persone, quelle a cui piace il panettone e quelle a cui piace il pandoro e non coincidono mai con quello che abbiamo scelto come dessert.

Io, dal mio canto, odio sia il panettone che il pandoro...un po' perché sanno di plastica e molto di più perché sanno di padania.
In realtà non volevo fare un post SUL Natale, sul Natale in senso stretto: lucine-presepi- alberi-regali gesùbambino. Anche no.
Nella notte di Natale, anche senza considerare il significato religioso, io sento un'atmosfera magica e sono in vena di riflessioni.
Voglio sottolineare quello che ho ricevuto, non solo oggi, ma a ciò che ho ricevuto quest’anno e penso di aver avuto in dono tanto. E per tutte le cose ricevute devo ringraziare alcune bellissime persone che hanno intrecciato la loro esistenza con la mia. Spero ci sia altro per me in futuro, qualcosa da apprendere che ancora mi sfugge, qualche lacrima di gioia da versare, qualche nuova consapevolezza.
Tutto ciò che conservo, e trattengo come se mi appartenesse da sempre, sono dei momenti di gratitudine ed amore per le persone della mia vita. Quelle che ci sono sempre, quelle che sono andate trasformandosi nel corso del tempo, per quelle che hanno aspettato pazientemente un mio ritorno, per quelle che mi sono state accanto donandosi senza aspettative, per quelle che forse se ne sono andate, lasciandomi una ferita, per tutti quelli che mi ascoltano e mi sopportano.  
Siete le persone della mia vita.

E ora visto che da piccola ho rivelato la tua non esistenza all'asilo traumatizzando un povero bambino ti do la possibilità di farmi credere in te, caro Babbo Natale, e ti scriverò una letterina.
Caro Babbo Natale
Non so bene come si scriva questa lettera. Non ho mai amato troppo ricevere regali, preferisco di gran lunga farli.
Io non sono stata buona, quindi non dovresti portarmi i regali, ma dato che il 24 è passato e quindi li hai già consegnati, mi accontento anche delle giacenze e dei fondi di magazzino. 
Però per sicurezza ti dico lo stesso cosa vorrei
Vorrei un ripetitore wind per il Molise.

Vorrei che venisse un colpo a tutti quegli stronzi che lampeggiano senza un motivo in autostrada.

Voglio la prima lettera del cartello di benvenuto di una città piemontese, la D di Domodossola.
Vorrei del tempo 
Vorrei del tempo per scrivere questo blog, questo collettore di pensieri, racconti e poesie, questo spazio vuoto da riempire 
Vorrei imparare a dire più grazie.
Vorrei andare a dormire e continuare a scrivere domani...
Per ora..Buon Natale a tutti!


martedì 25 novembre 2014

Oggi è la giornata mondiale contro la violenza sulle donne

I dati dicono che ogni 60 ore, in Italia una donna subisca una violenza e spesso, troppo spesso questa violenza culmina con la morte della donna: un femminicidio.
Io odio la parola femminicidio
Che bisogno c'è di distinguere un femminicidio da un omicidio?
La risposta che danno è che serve a specificare che si tratta di un delitto di genere. Uccidere una donna proprio perché donna, e in quanto tale considerata di proprietà dell'uomo. Significa, cioè, rendere questo reato specifico e non più generico, sottolineando la matrice sessista.
Ma è proprio questa distinzione sessuale che non mi convince. A me sembra che il termine femminicidio,  che deriva naturalmente dalla parola “femmina”,  si riferisca solo all'appartenenza sessuale.
Mi chiedo allora perché non utilizzare la parola “donnicidio”?
Forse perché donna, viene dal latino domina che vuol dire signora/padrona, quindi è insita nella parola stessa che la donna è padrona di se stessa.
Credo che utilizzare la parola femminicidio sia svilire la morte delle donne uccise, capisco che si voglia porre l’attenzione sulla violenza di un genere sull'altro, però a me pare, in tutta onestà, che continuando a  ripetere che c'è stato un femminicidio si sottolinei, che è stata uccisa una femmina, ovvero una persona di sesso femminile, non che si è compiuta la soppressione di una donna. 
Non potremmo semplicemente dire che c'è stato un altro assassinio di una donna, non sarebbe forse più incisivo e spiegherebbe meglio la morte violenta di una persona? 
Donna che dichiara la volontà di affermazione della propria identità personale, fatta di desideri, bisogni e diritti,  troppo spesso calpestati da uomini gretti e vigliacchi che usano la violenza fisica e psicologica per esercitare il loro predominio.
Se fossero le donne ad uccidere nello stesso modo gli uomini inventeremmo la parola “maschicidio”? Probabilmente no.
E smettiamo anche di chiamarli delitti passionali, in un uomo che uccide una donna non c'è niente di passionale. La passione è un fuoco che alimenta i sentimenti, non che brucia le vite.
L'amore non c'entra un bel niente con questi atti criminali. Un uomo che picchia, che stupra o che uccide una donna non è un uomo che ama. 

Queste sono solo riflessioni sulle parole, ma le parole sono importanti. 

Bisogna fare in modo che la violenza contro le donne diventi un tema di discussione e di indagine e non solo un'occasione di voyerismo e di ostentazione del dolore.
Bisogna mettere in evidenza che l’aggressività e la misoginia non sono solo appannaggio dell’ignoranza e dell’abbrutimento: abbiamo degli schemi sociali sbagliati e anacronistici che devono essere sradicati.
Viviamo in una società che insegna alle donne come difendersi da uno stupro invece che insegnare agli uomini a non stuprare.
Spero che in futuro ci sarà una maggiore sensibilizzazione ed educazione civile (non civica) nelle scuole e nelle famiglie perché bambini educati saranno adulti educati.

E spero che le donne imparino a non nascondersi e a denunciare, anche se è difficile, perché come dice Elie Wiesel "Il silenzio aiuta il carnefice, mai il torturato."


venerdì 14 novembre 2014

"L'esistenza di un uomo si misura in base alla grandezza dei suoi sogni"

"L'esistenza di un uomo si misura in base alla grandezza dei suoi sogni"
Coelho, Fabio Volo o uno di quei tizi che scrivono puttanate.

Ci sono dei momenti nella vita in cui ci sentiamo sfibrati, demotivati, lisi come dei jeans indossati troppe volte, ma sono proprio quelli i pantaloni che ci vestono meglio.
Ci sono dei momenti in cui mi sento all'interno di un tunnel e l'unica luce che vedo sono lavori in corso.
Vacillo, barcollo, scivolo, tento, ritento e desisto se è il caso.
Vivo sulle mie prove tecniche di equilibrio e cerco di non buttarmi mai giù perché soffro di vertigini.

Sono le ombre
delle mie stesse paure
Ma non giaccio nel vuoto,
dibatto le ali,
falena sgraziata incolore
vola
il pensiero lontano,
verso l’infinito
oltre le nuvole
mentre i piedi calpestano ossa
che hanno soffocato le grida
dietro un senso della vita
che è mancato per caso.

Se c'è qualcosa che non va, chi mi conosce se ne accorge subito, anche perché non sono molto brava a dissimulare.
Quando torno a casa sento l'anima che pesa qualche grammo di più.
Si dice che gli uomini vengano da Marte e le donne da Venere, io sono assolutamente sicura che mia madre venga da Mercurio, il pianeta dei termometri e delle mani sulla fronte per verificare lo stato di salute.
E a volte è bello sentirsi coccolata come una bambina.
E sorrido!


giovedì 16 ottobre 2014

Condividi et impera

Oggi vado così a rilento che tra un'ora e l'altra mi sembra di soffrire di jet lag.
E in queste condizioni, spesso mi fermo a fissare le cose, anche quelle che ho sempre davanti agli occhi. E mi ritrovo con pensieri scalzi e parole da far correre. Oggi ce l'ho con l'uso spasmodico di facebook, twitter e affini.
Anche se amo profondamente la tecnologia e adoro il potere di internet e dei social network...
Non riesco proprio a capire perché per rendere commestibile il cibo ci sia bisogno di fotografarlo e condividerlo su facebook. Oppure come dopo milioni di anni di evoluzione siamo arrivati a comunicare con le scimmiette di whatsapp.
Io preferisco le sfuriate faccia a faccia a degli emoticon senza espressione, così come amo i temporali, ma odio la pioggia.
Oggi è tutto troppo controllabile, una volta era diverso. Non parlerò di lettere o di piccioni viaggiatori: non sono così vecchia. Comunque, una volta se ti piaceva un ragazzo e trovavi il coraggio gli inviavi un sms, ma non avevi la certezza di quando e se lo avrebbe letto: adesso uccide più un "visualizzato alle" che la spada.
Rimpiango i tempi in cui le donne si ponevamo il problema delle doppie punte e non delle doppie spunte.
Ormai non esiste più la privacy, ormai possiamo sapere tutto di tutti con pochi click.
Tutta ha cambiato prospettiva, ormai nascondiamo gli scheletri nell'armadio, chiudiamo i sogni nel cassetto e per tutto il resto c'è facebook.
Non dico che io non lo faccio, sarei ipocrita, visto e considerato che io sono reperibile su tutti i social praticamente sempre. E adoro poter parlare con chiunque a costo 0.
Solo che stiamo esagerando, ci sono persone che comunicano solo ed esclusivamente virtualmente e quando si trovano nella realtà reale si comportano come dei disadattati, ragazzine che cercano approvazione condividendo delle foto oscene, lungi da me chiamarli selfie, delle quali non mi preoccupa tanto la bocca a culo di gallina quanto il cervello da oca.




Navigando un po' su facebook, che sta diventando per molti l'unico mezzo di informazione, ci si imbatte in un'ignoranza spaventosa, volgarità, notizie false e totale assenza del corretto uso della lingua italiana.
Si sta raggiungendo quello che viene definito analfabetismo funzionale, "con il termine analfabetismo funzionale si designa l'incapacità di un individuo di usare in modo efficiente le abilità di lettura, scrittura e calcolo nelle situazioni della vita quotidiana"(wikipedia).
Molti non sono più in grado di esprimere un concetto o un'opinione o di mettere insieme tre parole senza commettere errori ortografici, sintattici o semantici.

Voglio chiudere questo sfogo, un po' da bigotta, con una bellissima frase di Enzo Jannacci.
"L'esistenza è uno spazio che ci hanno regalato e che dobbiamo riempire di senso, sempre e comunque."




lunedì 6 ottobre 2014

L'eco del tempo

La mente è opaca
ed  assorbe la luce.
Impenetrabile al fuoco vivo,
resiste con forza
ad ordigni occasionali,
dagli effetti implosivi.
E io scrivo di mare d'inverno,
mentre un vento di ponente
solleva ancora polvere
e nasconde segreti.

Il tempo inesorabile
insegna a non contare i giorni
che il bruco
impiega a divorare l’esistenza.
Perché non credere in una metafora,
in un concetto andino del tempo reverso,
localizzando indietro il futuro
e avanti a noi il tempo trascorso?

Non dire niente
-nulla è quel che sembra-
il vento è l’occasione persa
che soffia appena il treno passa
e scuote
l’umidità commossa di un respiro dimenticato
ma troppo vicino.
Mi viene da chiedere:
ma di cosa profumano le stelle?
Non importa più, cosa pensi che io sia
C'è un bagliore profumato nel buio del mio cielo
che d'incanto, mi distrae dalla fine.




venerdì 19 settembre 2014

La mamma degli idioti è sempre incinta




Odio la  mancanza di organizzazione...


Non credo ci voglia un genio per capire che c'è bisogno di più spazio per attaccare una marca da bollo anche perché ha dimensioni standard.



Giusto?

mercoledì 17 settembre 2014

Il cazzeggio è necessario non solo alla felicità, ma proprio in senso tecnico, per riuscire a vivere spensierati.

Il cazzeggio è necessario non solo alla felicità, ma proprio in senso tecnico, per riuscire a vivere spensierati.
E' tornare un po' bambini, e i bambini si sa, vedono magia in ogni dove.
Ed è una cosa che tanto amo e tanto invidio quando guardo negli occhi di qualcuno più basso di mezzo metro.
E il mio cazzeggiare consiste anche nello scrivere questo blog e raccontarvi come mi sento.
Avete presente quando sentite la radio ed esattamente nel momento in cui siete curiosi di sapere come finisce una frase, entrate in galleria?
Io qualche volta mi sento così.
Vivo le mie giornate provando allo stesso tempo un forte senso di appartenenza e la forte sensazione che si prova dopo un tenero abbandono.
A volte mi manca il respiro e affondo le mani nelle tasche, e spingo giù, come se così potessi ancorarmi a terra, come se servisse a non farmi volare via con il primo soffio di vento.
Son smarrita, ma ogni tanto mi trovo e vi ritrovo, in un abbraccio o in una rimpatriata.
Allora volteggio in aria e vengo giù in picchiata. Dovreste farvi anche voi un bel battito d'ali, per godere dell'ebbrezza del volo pindarico tra le nuvole che si stracciano nel vento. 
Oppure entrate in un pub affollato, magari con la partita di champions della juve.
Ci sono sguardi, nella confusione di un pub, che si perdono nei dettagli insignificanti di un bicchiere o nelle mani di uno sconosciuto, e ci sono parole incomprese, e a chi domanderà di ripeterle si risponderà con una menzogna leggera, con altro, velocemente, di meno importante. 
Ci sono gesti, di chi affoga memorie nel sorso di una birra amara o di chi nasconde la tristezza in un'altra pinta e finge di essere ubriaco per non dare spiegazioni.
Non sono quelle chiacchiere attente quando gli occhi seguono i movimenti veloci delle labbra e espressioni artistiche si adattano all'esclamazione incredula del momento né le risate in coro di chi guadagna il proprio momento grazie ad una battuta ben riuscita.
Ci sono cose, nella confusione di un pub, che fanno parte del sottofondo di rumori, musica ed espressioni, che ne arricchiscono l'immagine e anche se sono superflue e impercettibili sono sempre lì, come i bicchieri rotti, fanno parte dell'ambiente in un'anarchia di dettagli preziosi però fugaci.
 Bisognerebbe diffidare di quei locali in cui non si ascolti mai, tra il mormorio continuo della gente,  l'esclamazione d'ira contro il Bonucci di turno, quel suono acuto però abituale di bicchieri rotti subito ignorati, di domande confuse prontamente rimpiazzate da nuove colme di interrogativi, e di frammenti, quelli nostri, buttati lì involontariamente, magari raccattati da qualcuno affamato di dettagli che li farà suoi, nel tempo di una metafora, per poi spargerne altri e lasciarli all'atmosfera della serata, come i bicchieri rotti.

Anche filosofeggiare su dei vetri rotti mi fa bene. 
In fondo il cazzeggio è un po' il corrispettivo occidentale dell'idea zen del vuoto, che è importante quanto il pieno.

martedì 2 settembre 2014

Settembre, andiamo. E' tempo di migrar...

Un settembre che inizia di lunedì dice già tutto. Oltretutto piove.

L'estate sta finendo e sono qui a fare un resoconto delle cose che mi hanno dato sui nervi nella stagione in cui la gente dà di matto.

Odio come la gente guida d'estate, il traffico sicuramente peggiora la percezione, ma io credo che le persone si dimentichino anche che, se c'è scritto stop, si devono fermare.

Odio le magliette dell'hard rock café. Se uno è stato a Dubai, a Barcellona, a Venezia, a New York...io lo devo sapere per forza? Mi sembrano dei souvenir viventi.

Odio le persone che urlano in spiaggia, soprattutto se dicono cose che mi provocano l'orticaria come
"scendimi la sdraia" cioè "potresti abbassare lo schienale del lettino?"

Sono diventata più sensibile agli orrori della lingua sia parlata che scritta, vederne o sentirne uno mi provoca un brivido fastidioso lungo la schiena.

Amo il sole che tramonta tardi

Amo il rumore che fa una zanzara che brucia nella racchetta friggizanzare

Amo i girasoli e gli incontri

Amo pattinare, soprattutto di sera.

Odio il phon

Amo uscire dalla doccia e restare con i capelli bagnati.

Odio chi mi dice che devo dimagrire.

Odio chi mi fa intendere che devo dimagrire.

Odio chi fa finta di leggere Delitto e Castigo e nel libro nasconde Novella 2000.

Adoro il venticello che mi lambisce all'ombra di un albero e l'aria condizionata perché anche se l'estate è la bella stagione e le magliette e i sandali sono più comodi, io troppo caldo non lo sopporto.

Amo l'odore di pioggia dopo un temporale estivo anche se io odio i temporali.

Odio l'uso e l'abuso della parola selfie. E non sono l'unica, http://donnadelirio.blogspot.it/2014/06/esegesi-del-selfie.html
Solo per ribadire "Facci un selfie" non vuol dire niente, equivale a farsi fare il pieno dal benzinaio restando comodamente seduti in macchina ma credere di aver utilizzato il self-service.

Settembre è un po' come l'inizio di un nuovo anno, allora ho fatto dei buoni propositi:
1. Laurearmi
2. Continuare a scrivere questo blog.
3. Magari trovare un lavoro.
3.Smettere di essere così polemica o, come dice mia madre, smussare gli angoli
4. Fermarmi più spesso a guardare il tramonto
5.Cercare di non notare sempre cose come che nel mio elenco ci sono due 3.

sabato 23 agosto 2014

Qual è la velocità del buio?

Si copre ogni sera
la misura sincera
di un vecchio sapore.
 Vibrano grovigli di suoni
all'ultima briciola di sole.

L'orizzonte è un latrato lontano
che cela  la
voce dell'anima
e  ricorda alle aurore
i risvegli mancati
e ai tramonti i sogni perduti

Si muovono a coppie
le nuvole sparse
dietro il profilo dei monti,
soli
come elefanti
inginocchiati e
silenti.
Soli.
Come bianche caprette
a cui venga tolta prima la madre
e poi la vita.
Soli.
A nutrirsi
di ombre.

E arriva il tempo
che inesorabile insegna
a non contare i giorni che il bruco
impiega a divorare l’esistenza
Perché un orizzonte
non finisce davvero
se non con lo spegnersi
di uno sguardo sincero.

giovedì 31 luglio 2014

Libera e felice....come un geco!

E' da quando ho cambiato il titolo del blog che penso a cosa potrei scrivere, una poesia o un post? personale o di attualità?
Volevo scrivere qualcosa che spiegasse la scelta del titolo del blog, chessò una recensione su "Aspettando Godot" o sulle opere di Samuel Beckett oppure un post che spieghi che la parola chessò non esiste.
Sono stata in Puglia e allora volevo diventare una "Don Chisciotte moderna" e scrivere dello scempio delle pale eoliche, troppe, decisamente antiestetiche e soprattutto ferme, tutte ferme. Quindi volevo documentarmi sui venti e sulla produzione di energia pugliesi e scrivere di questo.
Però stasera ho visto la pubblicità del buscofen ed è diventata una priorità..
In questa pubblicità si vede una ragazza che butta dal balcone tutti i vestiti del compagno, ma non è nervosa per la crisi coniugale ma solo perché ha dolori mestruali, mal di testa e mal di schiena. Allora arriva una sua amica che la salva con la pillola magica.
Ha il ciclo non è bipolare!
Ma chi li scrive questi spot?
Io sono stufa di sorbirmi di continuo pubblicità su assorbenti, antidolorifici per i dolori mestruali, integratori per la menopausa o per il periodo premestruale. 
Io non sopporto gli slogan come "libera e felice come una farfalla" oppure "l'assorbente che ti mette le ali"...
Il ciclo mestruale è la cosa più naturale che ci sia ma questo, dal mio punto di vista non è un alibi per tutto. Devono per forza fare pubblicità idiote? Deve necessariamente passare il messaggio che le donne diventino delle squilibrate o delle cretine in quei giorni? 
Io, e vabbè sarò un po' fissata, trovo che queste pubblicità da cerebrolesi siano maschiliste e ci sia l'intenzione di far passare il messaggio che le donne, dato che hanno il ciclo, siano inferiori, mentre il ciclo è la prova del miracolo della vita che avviene nella donna.
Io credo che non ci sia bisogno di fare pubblicità così esplicite e credo che un po' di discrezione in più non faccia male anche perché di pubblicità così intime per l'uomo non ce ne sono, non si parla mai di rimedi per l'incontinenza o l'impotenza maschili. Perché?

giovedì 24 luglio 2014

Cambio titolo

Erasmus finito.
Mondiali finiti.
Ma io vorrei continuare a scrivere.
Per adesso ho scritto solo il titolo.
A prestissimoooooo

martedì 8 luglio 2014

Non ci si rende conto di quanto sia bello viaggiare, finché non si torna a casa e si posa la testa sul vecchio, caro, cuscino

Ho pulito la stanza nel campus di Grenoble, l'ho lasciata molto più pulita di quando me l'hanno consegnata (sono sempre francesi) e anche di quando ci ho vissuto (sono sempre un'erasmus).
L'ho vissuta come una pulizia simbolica, come se lasciarla sporca significasse lasciare qualcosa lì invece io ho voluto portare tutto via con me.
É stata una grande esperienza.  Ma ora sono a casa!

Lungo gli oltre 1000 km Grenoble-Molise riflettevo che forse non mi sono mancate molto la mia casa e la mia famiglia o meglio mi sono mancate ma meno di quello che immaginavo, forse perché ho fatto tante nuove e belle esperienze. Mi sembrava di essere stata comunque bene.
Invece aprendo la porta di casa, immergendomi nei suoi odori, guardando gli occhi di mio padre, abbracciando la mia mamma, accarezzando mia sorella mi sono sentita rinata. Come se avessi lasciato giù un pezzo d’anima e mi ci stessi ricongiungendo, come se tutto si incastrasse improvvisamente meglio, e io mi sentissi, in quattroeqquattrotto, di nuovo io. Di nuovo a casa.
La mia casa con tutti i suoi problemi, con il citofono che non funziona sempre, con poca privacy, con il caldo, con i conflitti generazionali (in realtà so di avere un caratteraccio), con le tante cose da fare ma piena dell'amore incondizionato della mia famiglia: la mia casa
Non so se si abbatterà anche su di me la fatidica depressione post Erasmus.
Ma per ora sono contenta di essere tornata, di questo preciso istante, di quest'umore e di queste percezioni. Più ricca delle esperienze fatte, delle bellissime persone conosciute, della certezza di ritrovare gli amici lasciati qui.
Sono piena di emozioni contrastanti.
Da una parte non vorrei fermarmi in nessun posto perché l'Erasmus mi ha insegnato che ci sono mille modi diversi di vivere e mille posti dove poter cercare la felicità anche se poi guardi il tuo mare e non capisci come hai fatto a stargli lontano e ti riprometti di non lasciarlo più.
E poi ci sono anche altre sensazioni, altre emozioni,  altrove, in altri respiri e attraverso altri sguardi, e senti nel cuore l'eco sottile della felicità.

 "Una vita sola non mi basta.
Se fai i conti bene non sono neanche tanti giorni..
Troppe cose da fare. troppe idee..troppo.
Sai che ogni volta che vedo un tramonto mi girano i coglioni?
Poi mi commuovo"

domenica 29 giugno 2014

"Le nostre valigie erano di nuovo ammucchiate sul marciapiede; avevamo molta strada da fare. Ma non importava, la strada è la vita." Jack Kerouac

Sono arrivata alla fine di questa avventura erasmus, sono già passati cinque mesi qui a Grenoble. "Grenoble? Dove si trova?" Quante volte me lo sono sentita dire... Poi tristemente complice l'incidente di Schumacher e sono diventati tutti esperti, continuavano a non sapere dove fosse ma averla sentita nominare era sufficiente per dire di conoscerla.
Allora Grenoble si trova in Francia, nella regione Rodano-Alpi ed è la città degli sport invernali e dello sport in assoluto.  Città carina, piena di verde, attraversata da un fiume e circondata dalle montagne, il centro è bello, caldo e ospitale.
Sono contenta della mia scelta, in realtà non so cosa cercassi, ma è tipico di me buttarmi dentro qualcosa, in apparenza in modo superficiale, scegliendo dalle apparenze. Senza sapere nulla di più che un titolo, una copertina o un bel nome. Amo quel pizzico di avventura che ti riserva il fare qualcosa di cui conosci poco o nulla. Questa città mi piace, anche se ci abitano i francesi, generalizzando, un popolo strano, senza flessibilità e non particolarmente ospitale.
In questi cinque mesi ho incontrato tante culture diverse, tra alfabeti e mondi da decifrare, ma anche piemontesi, calabresi, siciliani, veneti, abruzzesi, alcuni avrei potuto incontrarli anche in Italia, altri forse no, nelle casualità di connessioni ed amicizie, ma ad incontrarli fuori c'è meno diffidenza, c'è qualcosa in più in comune, lo star fuori, e ho imparato espressioni in dialetti lontani, provato ricette nuove, imparato cose di chi condivide sì la stessa lingua ma abitudini spesso completamente opposte. O le stesse, a distanze fatte di chilometri e luoghi comuni, per esempio ho imparato che cosa vogliono dire "la mezza" o "telare".
Vorrei ringraziare le persone che ho conosciuto qui e hanno contribuito a rendere questa esperienza indimenticabile, ma vorrei ringraziare anche chi da casa, dall'Italia mi è sempre stato vicino e mi ha supportato nei momenti difficili e ha gioito per quelli più lieti. Scusate se a volte vi stresso!
 Le persone che incontri sono come delle  foglie che arricchiscono l'albero della mia vita: molte si perdono con il vento, solo alcune,  non si staccheranno mai e sono gli amici.
Quelli che ti organizzano una festa a sorpresa per la tua partenza, io tutte le volte che guardo il vostro cartellone giallo mi commuovo. Quelli che sono disposti a cambiare bar ogni giorno perché io voglio un caffè accettabile. Grazie!
Qualcosa mi mancherà: l'acqua gratis al ristorante, l'efficienza dei trasporti, la libertà di vestirsi male, le feste multietniche, la meritocrazia, i tentativi di farmi capire con gli stranieri...
Non mi mancheranno sicuramente i francesi, la loro maledetta burocrazia, il loro schifosissimo caffè, il loro nazionalismo estremo e la fissazione per lo sport...


Per evitare di rovinare questo bel momento ho anche deciso di posticipare a settembre/ottobre tutte le pratiche burocratiche relative, per esempio al conto bancario...
"Mo' non mi voglio 'ncazzà!"

martedì 17 giugno 2014

Forza penisola bagnata dallo Ionio, dal Tirreno e dall'Adriatico....

É iniziata la coppa del mondo e io sono ancora in Francia.
Ho gufato e tifato Honduras, ma non è servito.
L'importante è che abbia vinto anche l'Italia: non li potrei proprio sopportare gli sfottò francesi.
Ho visto la prima partita dell'Italia insieme ad altri italiani, che sono diventati miei grandi amici in pochissimo tempo (ah il potere dell'Erasmus!).  Vedere la partita insieme a loro è stato molto emozionante: quando gioca la Nazionale siamo tutti un po' più italiani!
Con il mondiale diventiamo tutti esperti di calcio, tutti lì a parlare della squadra, dei convocati, delle previsioni, del calendario, del girone, dei possibili cammini fino alla finale.
Quanto sono belle quelle speranze che colorano i discorsi davanti ad una birra o ad un caffè con la moka, che qua il caffè fa sempre schifo, tra le curve di sorrisi che nascono spontanei e si caricano nell'attesa della seconda partita.
Forse lo sentiamo di più qui, a casa di chi è stato battuto da noi 8 anni fa, ricordiamo l'1 a 1, i gol, la testata, quei supplementari al cardiopalma e infine i rigori...sentiamo ancora l'eco dell'esultanza di Caressa se ci concentriamo
"E allora diciamolo tutti insieme, tutti insieme, quattro volte: siamo campioni del mondo, campioni del mondo, campioni del mondo, campioni del mondo! Abbracciamoci forte, e vogliamoci tanto bene; vogliamoci tanto bene. Perché abbiamo vinto, abbiamo vinto tutti stasera, abbiamo vinto tutti, amici, abbiamo vinto tutti, abbiamo vinto tutti amici. Guardate dove siete, perché non ve lo dimenticherete mai! Guardate con chi siete, perché non ve lo dimenticherete mai! E sarà l'abbraccio più lungo che una manifestazione sportiva vi abbia mai regalato, forse uno dei più lunghi della vostra vita! Abbracciatevi forte... Abbracciatevi forte... E abbracciate soprattutto questa meravigliosa squadra che ha vinto soffrendo, che ha vinto come l'Italia non era riuscita a vincere: ai calci di rigore, contro la Francia che ci aveva sempre eliminato, contro i francesi che ci avevano sempre battuto nelle manifestazioni dal '78 in avanti. E questa volta no, questa volta no... Questa volta abbiamo vinto noi. E Beppe, ci prendiamo la coppa, Beppe! Ci prendiamo la coppa, Beppe!"
E la faccia stizzita di Platini è indelebile nella mia memoria...soprattutto adesso, soprattutto qui.
Ma a parte il mio tifo sfacciatamente azzurro, mi piace anche vedere la città che si popola del tifo multietnico. I brasiliani che vincono (rubando), esultano in portoghese e si mettono a ballare un samba in mezzo alla strada.
I belgi con tutte le loro belle speranze, perché quest'anno hanno la squadra e potrebbero vincerlo, il mondiale.
Gli spagnoli e i portoghesi che...ops...
Come sono belli i tifosi di ogni squadra, che s'innamorano del calcio e magari ritrovano identità nazionali spesso flebili, che coltivano generazioni di ragazzini che ricorderanno questo mondiale con tutte le emozioni che verranno, di gioie e sofferenze, come io ricordo Usa '94.
E forse è proprio questa la vera essenza della coppa del mondo: unire e appassionare, sperare e festeggiare.
In ogni caso Forza Azzurri!


E "ringrazio" ancora Berlusconi per avermi tolto la gioia di poter dire Forza Italia!

venerdì 6 giugno 2014

La prova costume è alle porte vestita da testimone di Geova

E poi arriva il caldo, anche a Grenoble.
Solo che qui il meteo è sornione, muta da un giorno all'altro, senza preavviso.
Un giorno piove, fa freddo, l’aria è umida, il cielo è grigio...Il giorno dopo, oggi:  cielo terso, brezza fresca, sole, insomma estate!
Il meteo sembra voler dire: " Tac, vi ho fregati!"
E in realtà è vero perché io mi sono ammalata, ho un mal di gola che neanche il 15 dicembre.
Io, mica loro...'sti francesi.
Loro, che già con il primo caldo, cioè quel giorno di timido sole a febbraio avevano tirato fuori il loro abbigliamento da spiaggia con gli abbinamenti più assurdi, di pantaloncini e maglione e cappello di lana.
Pronti, già in maglietta e senza calze, non appena il termometro ha superato i 15 gradi.
Figuriamoci adesso che siamo a giugno.
Oggi sorridono tutti, parlano tutti del tempo, ma facendo un po’ finta di niente. “Muaaaais, il fait bon”. Questa frase incredibile che testimonia tutta la loro impermeabilità emotiva. Non dicono che fa caldo, indicazione meteorologica, non commentano quanto si stia bene, indicazione fisico-personale, no, loro dicono letteralmente:  fa buono.  Un misto tra personale e impersonale, un po’ indifferente, un po' distaccato: insomma francese.
Qui, come sapete, non c'è il mare, allora prendono d'assalto i parchi e ovviamente corrono ovunque. Correvano quando c'era un freddo cane, figuriamoci adesso che verrebbe quasi voglia anche a me, e sottolineo quasi, di farmi una corsetta.
Mi piace l'estate!  
Mi mette il buonumore il sole o forse è la compagnia, non lo so. Ma visto che oggi sono buona vorrei ringraziare tutti quelli che mi sopportano chi da poco, chi da tanto. Vi voglio bene!


lunedì 2 giugno 2014

Uomini e donne non sono uguali ed è questa la nostra forza

Venezia 1646, nasce, quinta di sette figli, Elena Lucrezia Corner Piscopia: la prima donna laureata della storia. Ed è italiana.
Dimostra fin da bambina la sua mente geniale e a 21 anni conosce a menadito il latino, il greco, il francese, l’inglese e lo spagnolo e studia l’ebraico.
Quando, dopo essersi iscritta all'università, lo Studio di Padova, presenta regolare domanda di ammissione alla laurea, ecco la spiacevole sorpresa. A una donna, infatti, non era concesso ricevere il titolo di dottore in teologia. Gregorio Barbarigo, vescovo di Padova (fatto santo ndr) blocca tutto: la donna è inferiore rispetto all'uomo e non è capace di ragionamenti difficili.
Niente da fare, nessuna laurea.
Inizia così, una lunga polemica tra lo Studio di Padova, che aveva acconsentito alla laurea, e il cardinale Barbarigo.
A 32 anni Elena ottiene, finalmente, la sua laurea: gliela concedono però, in filosofia, non in teologia.
La vita passata sui libri però, presenta ben presto il suo conto: è il 1684 quando Elena muore a soli 38 anni coperta di debiti.
Bistrattata, dimenticata, umiliata.
L’Italia vanta la prima donna laureata al mondo e nemmeno lo sa.
E oggi chi rappresenta la femminilità italiana nel mondo? Se cercate italian woman o femme italienne su google immagini vengono fuori solo foto di donne nude. Perché?
Io non sono femminista né tanto meno perbenista.
Dopo aver smascherato il  bunga bunga di turno si è detto e si è scritto molto sulla riacquisizione della libertà sessuale delle donne, ma stiamo scherzando?  
Ci sono alcune che fanno le puttane, di lusso, ma sempre puttane, e si parla di riacquisizione della libertà sessuale di tutte le donne?
E' come se dovessimo aspettare che il figlio celiaco di un politico scoprisse la pasta senza glutine per ricominciare tutti a mangiare il pane.

Come siamo passati dal difendere l’autodeterminazione del proprio corpo al moralismo bacchettone riconducibile al Medioevo?
Diciamo che a me è molto cara la presunta parità dei sessi.
Sono una donna, ingegnere, di cui non esiste neanche il termine femminile, e mi ritrovo a rivendicare ogni giorno la mia identità sia personale che professionale perché la società non aiuta.
Non sono qui a puntare il dito sulle leggi e sulle pari opportunità, io ce l'ho con le donne.
Quelle donne che vogliono le quote rosa,  che assomigliano ai parcheggi riservati ai disabili, che sono indispensabili perché loro non possono parcheggiare ovunque. Io vorrei, da donna, poter accedere al mondo politico per i miei meriti e non per i miei cromosomi.
Quelle donne che accettano l'ingresso "donne" gratuito in discoteca, senza sentirsi oggetto sessuale.
Le donne che non si sentono offese dalle immagini della valletta, velina o letterina senza cervello, ma che invece idolatrano quel modello. E si guardano allo specchio schifate e a suon di diete frustranti e di ginnastica massacrante cercano a tutti i costi di essere belle.
Ma la bellezza spesso è vista come approvazione degli altri più che propria accettazione di se stesse. Si guardano come pensano che le guardino gli uomini e cercano di diventare come loro le vorrebbero.
Le femministe sessantottine ostentavano lo slogan "il corpo è mio e ci faccio quello che voglio".
Ma non è vero che uomini e donne sono, allo stesso titolo, padroni del proprio corpo e dunque sovranamente liberi di farne ciò che vogliono. Trattarlo come strumento di meretricio, vendendo le proprie prestazioni sessuali o insulto al pubblico pudore, indossando leggins taglia 48. Non è vero che si ride allo stesso modo di una donna un po’ in carne o di un uomo con la pancetta. Non è vero perché ad oggi, che ci piaccia o no, le donne sono sempre un po’ più puttane e un po’ più grasse degli uomini. E questo accade perché il nostro corpo non è mai solo nostro: il corpo delle donne è guardato, analizzato, smaniato o fischiato da tutti. É un luogo pubblico, o meglio un luogo in cui si esercita il discorso pubblico.
Si è passati dalla segregazione in casa delle donne dell'inizio del Novecento all'imprigionamento in schemi asfissianti di donna-corpo, estratto dalla costola dell’uomo per farlo nascere a suo modello rispondente a fantasie irreali. L’oggetto-donna si è trasformato secondo il desiderio maschile e la sua fantasia erotica come oggetto di piacere. Bambole di gomma fatte di carne umana.

Non si offendano le donne. Loro sanno e accettano consapevoli il gioco.
Ovviamente non parlo di tutte le donne, ma di quelle che scelgono scorciatoie puntando su un azzardo di sesso e intimità con l’uomo potente che concederà loro un ruolo istituzionale, imprenditoriale o politico come ringraziamento per le belle ore passate insieme.
Paolo Guzzanti parla di mignottocrazia. Che facciamo? Insegniamo ai nostri figli che è inutile impegnarsi e studiare ma imparare a vendere al meglio il proprio corpo? Che non è importante costruirsi una cultura ma costruirsi un bel corpo!
Una volta c’era la consolazione della dignità personale, familiare, sociale.
Oggi la tv umilia le vere donne e fa apologia dello spregio trasmettendo una realtà tanto dannosa quanto falsata.
Oggi è pieno di programmi "tidicocometruccarti" o "macometivesti" inseguendo sempre il gusto della seduzione, che sembra l'unica cosa che conta.
Anna Magnani, in tutta la sua autenticità, al truccatore che voleva coprire le rughe prima di entrare in scena, diceva: «Lasciamele tutte, non me ne togliere nemmeno una, ci ho messo una vita a farmele».
Per fortuna ci sono anche delle grandi donne, ingegneri, medici, insegnanti, casalinghe o centraliniste, che non si lasciano traviare da questo stato di cose e vivono la loro vita libere da costrizioni di genere.
Questo non vuol dire che non mettono i leggins o non si truccano o non si vestono eleganti o non seguono diete... Vuol dire che se lo fanno, hanno scelto di farlo per loro stesse e non per le imposizioni sociali.
Le donne sono il centro della vita degli uomini, il loro punto di riferimento: provate a criticare la mamma di un uomo...
Secondo me è un misto di insicurezza e orgoglio ad averli spinti, sempre, a discriminare la donna per la paura che lei riuscisse a far qualcosa meglio di loro.

L'unica cosa che dobbiamo fare è non stare al loro gioco ed essere noi stesse, perché uomini e donne non sono uguali ed è questa la nostra forza.

sabato 31 maggio 2014

"Essere poliglotta è una gran cosa, ma solo chi tace può farlo perfettamente in tutte le lingue"

La lingua francese è strana, non solo è complicata, piena di regole e di eccezioni, difficile da pronunciare correttamente e  completamente discordante tra scritto e orale ma è anche piena di frasi fatte e sottintesi.
Oggi vi faccio un esempio: la differenza tra merci e merci bien.

Merci è esattamente grazie, lo dite quando qualcuno, vi tiene la porta aperta o quando vi versano l'acqua nel bicchiere, la seconda quando quel qualcuno vi tiene la porta aperta sotto la pioggia battente e aspetta che voi portiate dentro tutta la spesa e anzi poi vi aiuta anche a portare le buste pesanti oppure a quel qualcuno che vi vuole versare l'acqua e si allunga ma non arriva alla bottiglia, allora si alza, fa lo slalom tra il pepe ed il sale, cerca di non far cadere il mazzo di fiori a centrotavola, raggiunge la bottiglia dell’acqua e vi riempie il bicchiere, quindi la parola bien rafforza il vostro merci.
Possiamo tradurli come Grazie e Grazie mille.
Adesso prendiamo l’espressione Je t’aime e Je t’aime bien che dopo la spiegazione precedente tradurreste subito con Ti amo e Ti amo da impazzire.
 E invece, a dimostrazione del fatto che i francesi sono contorti, non è così!
 La prima frase implica un sentimento profondo, quello che ci fa battere il cuore e ci fa sentire le farfalle nello stomaco (se non è il cibo francese) è quello che diremmo al nostro ragazzo o alla nostra ragazza, a nostro marito o a nostra moglie.
Mentre la seconda è udite udite, meno forte. Si dice di qualcosa che ci piace abbastanza o di qualcuno appena conosciuto

Sinceramente non smetto mai di stupirmi. 

giovedì 22 maggio 2014

Per non dimenticare perché è nato questo blog...


Noi diciamo in Italia il "giro di Francia" lo chiamiamo TOUR DE FRANCE!!!

Scrivere

Scrivo da sempre. Sono una persona molto tecnologica, cioè diciamo che ho scelto la tecnologia come lavoro, ma anche per le mie passioni, per esempio per leggere uso il kindle ma per scrivere mi serve la carta.
Mi piace scarabocchiare i fogli bianchi con una bic nera. Scrivere a mano mi dà l'idea di disegnare la parola, di accarezzarla e di farla mia.
Io scrivo veramente male, cioè la mia grafia è all'esatto antipodo della calligrafia. Spesso ho invidiato le mie amiche o mia sorella per la grazia, la rotondità e l'eleganza delle loro parole scritte, però sono affezionata alla mia...crittografia. 
Chi mi conosce sa che non si capisce davvero nulla, nessuno mi chiede gli appunti, tutti mi fanno la classica battuta "dovevi fare il medico" o suppongono che io conosca l'egiziano antico.
Ma è anche uno scudo contro gli sguardi indiscreti, io posso scrivere anche su un treno senza correre il rischio che la persona accanto a me capisca qualcosa.
E credo che scrivere serva anche a me stessa per leggere le mie verità a "chiare" lettere, soprattutto quando cerchiamo di autoingannarci.
E oltre a scrivere pensieri buttati lì così o la lista della spesa, mi diletto a scrivere qualcosa che assomigli a delle poesie.
Scrivere poesie è guardarci dentro ed esprimere la pienezza dei nostri sentimenti senza inibizioni o maschere, con arte. E' un viaggio nella propria anima, che  può essere fatto con gli occhi di un bambino, innocenti e pieni di speranza, può essere continuato con gli occhi stanchi di chi ormai non spera più, può essere illuminato con gli occhi di chi ama, di chi odia o di chi è curioso e desideroso di scoprire. Si dice molto spesso che la poesia è dolore, che i suoi contenuti sono tristi. E in buona parte questo è vero, ma allo stesso tempo la poesia è un'arte che non sopporta il lamento confortevole anche se è prodotto da un dolore autentico e profondo e spesso cela la verità enigmatica e misteriosa nell'ombra di figure o di metafore.
La poesia non è uno stato di improvvisa ebbrezza, non è confessione immediata, non è uno sfogo anche se a volte può aiutare a tirarsi su. La poesia è un'arte e una forma di espressione e conoscenza che richiede virtù e sensibilità specifiche, ma anche studio, consapevolezza del linguaggio e della forma, parole giuste scritte con un paziente lavoro di attesa, di messa a fuoco, di ricerca nel profondo e di capacità di elaborazione. Quest'ultima può anche essere solo mentale, lentissima o velocissima: i procedimenti possibili sono pressoché infiniti, quello che conta è il risultato come del resto nella musica e nella pittura.
Scrivere poesie non è difficile, il difficile è scriverle bene. Ma se non vogliamo pubblicarle o farne un mestiere, l'importante è che piacciano a noi stessi. Tutti possiamo essere poeti, l'importante è fare uscire la crisalide dal bozzolo, vincere la confusione circostante senza imitarla, lasciare che la magia venga da sola, perché è rischioso andarla a cercare.

Detto questo, io continuerò a scrivere senza particolari pretese, perché mi fa sentire bene: è una personale forma di felicità. 

lunedì 12 maggio 2014

Sussulto

Respira la notte
che svela emozioni
nascoste e celate
negli orizzonti infiniti
 dove le onde s'infrangono
sui confini del mondo.

Danza e rotea
tra cose non dette
nell'abulia
di un tragico sincronismo
o nell'inutile alibi dell'equilibrio.

Dietro l’intransigenza,
ho scolpito una statua di sale
che si scioglie con poche gocce
di tenerezza.

Il respiro del vento
sulle vette innevate
consacra il miracolo
di una rara armonia.

Vola elegante
tra fuoco e profumi,
la punta delle dita
vibra e volteggia
sulle note stonate della vita.

Indugio.

Rapita dalla sottile increspatura del tuo labbro,
Soffio via la malinconia dai tuoi occhi
un fremito sottile si insinua in me
a ricordare alle aurore
i risvegli mancati
e ai tramonti i sogni perduti.

Affondi la testa nel cuscino e mi stringi a te

Commuovi l’aria
e mi sfiori l’anima.
E' bello.
Sei tu.

Chimere lontane
Sorrisi e carezze
Schegge di favole
Si affollano strane
E mi ritrovo danzante
In un passato remoto
Ostaggio perduto
di un mare fluttuante
Prigioniera di un sogno
Distante una vita
Di un'alba smarrita
L'eterno bisogno
e sarà vera quiete
dopo un lungo silenzio sordo.

venerdì 9 maggio 2014

"La cosa più pericolosa da fare è rimanere immobili"

I francesi sono paranoici. Da quando sono qui, cioè 3 mesi ho fatto 3 simulazioni di evacuazione ed è scattato l'allarme antincendio almeno 5 volte.
Ed ho già parlato delle assicurazioni che stipulano su qualsiasi cosa, oggi voglio parlare dell'allerta bombardamenti.
Mercoledì ero in riunione con il professore ed ho sentito una sirena, allora ho chiesto a lui cosa fosse e mi ha spiegato che suona ogni primo mercoledì del mese e serve solo a controllare che funzioni.
Mi sono documentata. Esiste una rete di sirene, che è attiva dalla seconda guerra mondiale chiamata RNA, Réseau National d’Alerte, rete nazionale d'allerta, costituita da 4500 sirene che permette di attirare rapidamente l'attenzione della popolazione nel caso fosse in atto un bombardamento o una catastrofe naturale.
E sono nazionalisti anche con il suono della sirena, la Francia ha definito addirittura un segnale nazionale unico, composto da un suono che sale e scende, di tre sequenze di un minuto separate da un silenzio di cinque secondi. La fine dell’allerta è annunciata con un segnale continuo di trenta secondi.
Il segnale test che si sente ogni primo mercoledì del mese, esattamente a mezzogiorno, invece, per fortuna dura un solo minuto.
Io trovo che sia angosciante!
Un'altra cosa che caratterizza i francesi è la loro fissazione per gli orari. Per esempio, i pub, durante la settimana, chiudono all'una di notte, un po' presto, ma ci può stare. Se non fosse che alle 00,45 ti cacciano dal locale sia che sia strapieno sia che sia vuoto e per evitare che tu dica "finisco la birra e vado",  ti danno un bicchiere di plastica in cui travasarla per levarti dai piedi.
Mi manca la cordialità italiana verso gli avventori, quelli che ti offrono il caffè o che ti arrotondano per difetto il conto.
Però spezziamo una lancia a loro favore:  mi piace la spensieratezza con la quale qui vivono e sperimentano cose anche le persone apparentemente inadatte, anziane o con qualche chilo di troppo o anche solo, un po' goffe e imbranate.
Li vedi nei parchi intenti nelle più strane attività circensi, come la slackline (camminare in equilibrio su una corda tesa tra due alberi) o il diablo oppure li incontri in città con i roller o il monopattino.
Mi piace!
Allora ho preso i miei roller e sono andata a pattinare, lungo il fiume e mi sono sentita libera e potente. Ho sentito di avere le potenzialità di vedere cosa c'è nell'altra faccia della luna, forse per un solo momento, ma è stato magico.

Certo, spesso ho provato la stessa sensazione pattinando sul lungomare di casa mia e forse avrei avvertito la stessa tranquillità e spensieratezza anche camminando o correndo o pedalando o allungata sul prato ma non lo saprò mai perché, come diceva Kundera, si vive una vita soltanto e non si può né confrontarla con le proprie vite precedenti né correggerla nelle vite future.

PS: Mamma non ti preoccupare, ci so andare con i pattini!

domenica 4 maggio 2014

Prendersi un po' di tempo

Essere in erasmus vuol dire anche prendersi un po' di tempo per sé.
É un po' di tempo che non scrivo, per fortuna per mancanza di tempo e non di ispirazione.
Ho fatto il compleanno, ho compiuto 27 anni ma sto ancora realizzando che sono 11 anni che non ho più 16 anni.
Sto imparando il francese e amo sempre più l'italiano.
Essere lontana mi ha fatto capire quanto mi mancano le persone della mia vita, anche se qui ho conosciuto delle belle persone, che sono già entrate nel mio cuore.
Nella vita scegli il ragazzo, gli amici, il lavoro, dove vivere...
Ma quello che non puoi scegliere è la famiglia, quando nasci ti trovi una mamma e un papà e nel mio caso una meravigliosa sorella.
E oggi pensavo proprio a lei, complice una foto di noi da bimbe che mi ha inviato, non mi piace parlare di questo su un blog, mi sembra quasi di dover proteggere questo legame, questa magia, ma oggi ho voglia di dirle che le voglio bene e che niente ci separerà, mai.
Mentre io mi lascio andare al romanticismo, nel corridoio ci sono orde di cinesi che urlano. Mi stanno facendo diventare razzista. Odio il loro atteggiamento di superiorità. Molti popoli sono schivi, ma loro sembrano proprio snobbare il resto del mondo.
Continuo ad essere dispiaciuta, rammaricata e arrabbiata per il messaggio che diamo al mondo dell'Italia.

Mi riferisco alla scena penosa di ieri sera nella finale di Coppa Italia, Napoli Fiorentina. Non voglio essere retorica nel dire che non ci dovrebbe essere violenza nello sport, ma a me piace il calcio e quando vedo i fumogeni lanciati dagli spalti mi sento ferita nell'orgoglio di tifosa e di persona. Ieri sera, però hanno toccato il fondo, quando hanno chiesto il permesso per giocare la partita al capo-ultrà, un delinquente, un pregiudicato con indosso una maglietta con scritto "Speziale libero", Speziale assassino condannato di Filippo Raciti, poliziotto ucciso mentre faceva il suo lavoro.
Italia hai perso!

martedì 22 aprile 2014

Giro di boa

Sono al giro di boa della mia permanenza francese, tra 2 mesi e mezzo ricolorerò di nuovo di verde il blu del tricolore.
A questo punto posso tirare le somme.
Sono appena rientrata dopo un viaggio lungo e stavo cercando come dire "ho sonno" in francese e almeno secondo google translate si dice "je dors" cioè "dormo" Se ho sonno è perché non sto dormendo... Questi sono i francesi.
Ho più dimestichezza con la lingua,  riesco quasi a fare dei doppi sensi e battute in francese, quindi vivere qui è diventato notevolmente più semplice.
Anche se la mattina, appena sveglia, mi stupisco ancora di sentire le persone parlare in francese.
Continuo a credere che siano come i matematici, cioè che traducono tutto nella loro lingua e poi non si capisce più niente. Ma continuando ad usare luoghi comuni, credo che siano più simili a delle donne matematiche bionde, ammesso che esistano, perché oltre a tradurre tutto, mancano completamente di logica. Sono quelli che hanno bisogno di specificare sugli autobus che i bambini di età inferiore a 3 anni SE ACCOMPAGNATI viaggiano gratuitamente.
Sono tornata in Italia per Pasqua. Sull'autobus, tornando in Italia, per la prima volta nella mia vita ho provato gioia nel vedere una presa elettrica con la femmina della terra. La Francia ti fa apprezzare delle cose a cui eri abituato e che davi per scontate: le prese elettriche standard, il bidet, l'igiene, la pasta come primo piatto e non come contorno, il caffè buono, le bustine di zucchero e non le zollette, scambiare due chiacchiere tra sconosciuti.
Stare a casa mi ha fatto bene, anche se più di 30 ore di autobus mi hanno un po' stroncato. Sentire l'affetto incondizionato riempie il cuore. Grazie!

Mi mancava il mare

Il mare è magico, mi emoziona e allo stesso tempo mi rilassa, rappresenta quella libertà che rincorrevo quando ho deciso di seguire il mio istinto e vivere quest'esperienza.
Puntavo all’indipendenza di una scelta che fosse solo mia, alla libertà di scegliere solo secondo il mio sentire. Una libertà che mi sono concessa molto raramente in tutta la mia vita.
E anche se non è stato tutto semplice, anche se ogni giorno cerco di dare un senso più completo a questa scelta, lo rifarei.
Mi piace poter prendere delle decisioni, fare delle scelte anche apparentemente fuori luogo o non necessarie.
Io credo che le nostre possibilità, quelle di cambiare la nostra vita o solo il taglio di capelli, sono molte più dell’unica che siamo abituati ad immaginare. La vita ci sorprende solo se le permettiamo di farlo. 
Ultimamente ho passato troppo tempo a fare bilanci, a chiedermi se va bene così, se potrei migliorare qualcosa, se potrei fare di più, se dovrei essere felice o meno. Tempo perso.

Così, contrariamente a quello che di solito si fa, ho deciso di essere felice per forza. Anche solo per il semplice fatto che non ci sono veri motivi per non esserlo.
Bernard Shaw diceva che “Il segreto di essere infelici è di avere tempo di chiedersi continuamente se si è felici o no”.
Aveva ragione.

Ho scoperto in questi mesi alcune cose che non mi sarei aspettata, ho raggiunto delle consapevolezze interessanti, da cui quotidianamente traggo insegnamento. E’ stato infatti inevitabile e anche un po' destabilizzante scoprire che in alcune cose i francesi sono bravi, per esempio credo che siano dei maestri nell'arte di sapersi vendere e in questo forse il loro nazionalismo aiuta o meglio è la nostra esterofilia alquanto esagerata.
In Italia abbiamo delle cose meravigliose ma non siamo in grado di renderle grandiose agli occhi degli altri e spesso nemmeno ai nostri. Noi abbiamo città come Roma, Firenze e Venezia, ma diciamo che Parigi è romantica. Abbiamo il Cilento, il Salento, la costiera amalfitana, le Cinque Terre e vantiamo la Costa Azzurra.
Per questo i macarons sono conosciuti in tutto il mondo e i baci di dama no. Sono degli esteti del pacchetto!

Forse dipenderà anche dal fatto che in Italia ci sono vere organizzazioni, politiche e non, che professano la secessione ignorando l'incostituzionalità oltre all'idiozia della loro idea e offendendo la memoria di tutti i morti in nome dell'Unità d'Italia.

venerdì 11 aprile 2014

Fogli sparsi

Ricerco una parola che
come un tatuaggio
riscatto con la pelle.
La gabbia di un'ermetica grafia
cela la corsa all'anima:
non lo sa nemmeno dio
dei lamenti e dei calci tirati
per arrivare alla radice di una lacrima.
Cullo la mia solitudine
prendendo a morsi i ricordi
confidando nel dolce boccone della sazietà.
Pensieri scomposti, scivolano
come pioggia in un abisso.
Brillano in me attimi vuoti, 
clochard smarriti
tra rime spezzate
esuli di me stessa.
Erigiamo burroni
sapendo appena camminare sopra il fondo.
Un vento fatto di sospiri annodati
mi sorprende
con un brivido.
La concretezza della vita
mi urla in faccia la verità:
è semplice
ma
chiudere gli occhi è più sicuro.
E io
sospesa tra gli estremi penso

chissà che non sia più leggero il compromesso.



giovedì 3 aprile 2014

Grossomodo!

È bello avere un posto dove potersi sfogare, sarà anche una questione caratteriale, ma io mi innervosisco, sempre e praticamente per tutto.
Credo di aver sbagliato il nome del dominio del blog: forse avrei dovuto chiamarlo claudiavsrestodelmondo.
Per esempio se sento sbagliare un congiuntivo o mi arriva un messaggio con su scritto "c'è la fai" mi viene l'orticaria.
Se leggo che un candidato del M5S (lungi da me criticare chi crede che siano persone da votare) afferma di parlare e sottolineo parlare, una moltitudine di lingue e tra queste cita latino, greco e paleoslavo, oltre alla bile, mi sale la consapevolezza che non sono morte solo le lingue, ma è morta anche l'onestà o forse la considerazione per le altrui intelligenze. (http://www.primadanoi.it/video/548727/Elezioni-Europee--Paolo-Angelini-.html#.Uzvj8ZxTjSE.facebook)
Se vedo un tipo bere il caffè in una tazza lurida (fenomeno francese di cui ho già parlato) io sento proprio il bisogno irrefrenabile di convincerlo a lavarla. 
Oggi, ero appena arrivata in laboratorio e stavo per prendere il caffè, quando mi sono accorta che il serbatoio dell'acqua della macchinetta era vuoto, intanto c'era un ragazzo in attesa con in mano una tazza di vetro, che immagino una volta essere stata trasparente, allora mi offro di lavargliela dato che sto andando a ricaricare l'acqua e lui come se fosse la cosa più naturale del mondo mi dice: "Il caffè non è buono nella tazza pulita"! Credo di aver fatto una faccia schifata in maniera molto evidente!
Poi ho parlato con il professore che mi ha detto GROSSOMODÒ come devo proseguire il mio progetto. Ha detto proprio grossomodò, avete idea di quanto possa suonare male in bocca ad un francese la parola grossomodo?
I francesi usano tanti italianismi, ma ovviamente li pronunciano alla francese, quindi seguono le regole della fonetica francese, per loro sono tutte parole tronche cioè con l'accento sull'ultima sillaba.
Oltre agli italianismi universali nel campo della musica classica, andante, allegro, soprano, tempo, vivace e in campo culinario, pizza, al dente, panini (con la i al singolare), brocoli (con una sola c), cannelloni, spaghetti, ci sono quelli altrettanto famosi come mafia, mandolino e dolce vita. E questi sono solo degli esempi, può anche succedere che ti chiedano se tu preferisca il bordeaux o il chianti (pronunciato sciantì)!
Questo potrebbe far innervosire almeno un po', ma quello che è veramente insopportabile è sentire, rivolto ad una bambina, una ragazza, una donna, insomma un essere femminile l'espressione BRAVO (bravò)!

Per caso devo andare a sciacquare i panni nell'Isère? (fiume che bagna Grenoble e dà il nome alla regione)














martedì 25 marzo 2014

Perché il congiuntivo non è una malattia degli occhi!

Ho passato la giornata a tentare di parlare in francese cercando di fare pochi errori e per alzare un po' la mia autostima eccomi qui, stasera, per continuare a parlare degli errori più comuni della lingua italiana.

Appunto stasera e non sta sera perché stasera viene da (que)stasera, è cioè l'aferesi di questa unita a sera. Vale la stessa regola per stamattina, stanotte, stavolta.

C'è un'altra regola spesso ignorata, cioè la differenza tra accento grave per la vocale aperta (caffè) e accento acuto per la vocale chiusa (perché).

Proprio o suo? Sono due aggettivi o pronomi possessivi che spesso vengono considerati sinonimi, ma non è sempre così.  Per esempio in "Marco ha mangiato il suo panino" suo può essere sostituito con proprio senza modificare il senso della frase, " Marco ha mangiato il proprio panino."
"Marco ha scritto una lettera a Laura con la sua penna." In questo caso "la penna appartiene a Laura o a Marco?" Se la penna è di Marco è sicuramente migliore la forma "Marco ha scritto una lettera a Laura con la propria penna."
Quindi, per stabilire quale sia il termine giusto, basta chiedersi chi abbia il possesso dell’oggetto nominato e, qualora fosse il soggetto (in terza persona), utilizzare proprio.
È preferibile anche in frasi con soggetto indefinito: "Ognuno ha il proprio metodo", "Ciascuno decide in base alla propria coscienza" ed è obbligatorio nelle frasi impersonali: "È necessario rimediare ai propri errori", "Bisogna assumersi le proprie responsabilità".

Soprattutto al Sud, si usano in maniera transitiva alcuni verbi di movimento che, per definizione, non richiedono un complemento oggetto.
È facile sentir dire: "Sali la spesa", "Entra la macchina in garage", "Scendi il cane"...sono forme completamente errate e derivano da un uso dialettale dei verbi come uscire, entrare, salire, scendere. Si possono più correttamente usare verbi come per esempio: tirar fuori, riporre, mettere, portare su, portare giù.

Solamente al Nord si ha l'abitudine di mettere l'articolo determinativo davanti a nomi propri di persona.
"Ho incontrato la Vale","Ha telefonato la Barbara". É una forma completamente errata che deriva dal dialetto.
Non perché io abbia da ridire sui dialetti del Nord o su chi ha la presunzione di voler dividere l'Italia per un'ipotetica quanto inesistente superiorità, ma te al massimo è una bevanda (tè) o un complemento oggetto, ma non è mai un soggetto!

Ha piovuto o è piovuto? Si possono usare entrambi: "Stamattina ha piovuto per due ore", ma anche "Stamattina è piovuto per due ore". In senso figurato, invece, deve essere sempre utilizzato l'ausiliare essere: "Le sono piovute addosso centinaia di critiche".

"Non c’entra niente" o "Non centra niente?" La prima viene da entrarci, essere coinvolto, la seconda viene da centrare, fare centro. Quindi se volete dire che non c'entrate niente con un furto la forma corretta è la prima.

Accellerare o accelerare, la forma corretta è con una sola l, accelerare

Differenza tra insegnare e  imparare. Se pensate che i professori sono chiamati anche insegnanti, cioè coloro che insegnano, la differenza dovrebbe essere chiara.

Le telefono o la telefono? La telefono non esiste a meno che non conosciate qualche ragazza munita di tasti!

Braccia e bracci? Il plurale di "braccio" è differente a seconda del senso:
  •  bracci si usa per indicare oggetti o parti di oggetti che sporgono o si muovono come un braccio, come nel caso dei bracci meccanici;
  • braccia si usa per riferirsi agli arti superiori del corpo umano.

Ossa e ossi? Anche il plurale di "osso" è differente a seconda del senso:
  • ossa, deriva dal neutro latino ossa, si riferisce all'insieme delle ossa del corpo umano;
  • ossi, deriva direttamente dal singolare osso, si riferisce o ai singoli ossi del corpo umano o agli ossi animali.
    Continua...


 Tutti ci ritroviamo a scrivere almeno una frase al giorno, una mail, un sms o un messaggio su Facebook: sarebbe bello che le scrivessimo senza errori. Non è per avere la presunzione di diventare scrittori, ma dovrebbe essere solo una prova della nostra nazionalità.

giovedì 20 marzo 2014

Non è un cliché!

Stamattina mi sono ritrovata, senza pensarci, ad accelerare il passo vedendo il tram in arrivo, mi sono bloccata e ho pensato: "Oddio mi stanno contagiando!?".
Allora l'ho perso di proposito, sentendomi stupida un attimo dopo.
Fermi alla fermata del tram si può assistere ad un vero teatro dell'assurdo: per esempio, ci sono persone in pantaloncini corti accanto a persone in tuta da sci e persone che si lamentano perché devono aspettare ben 4 minuti l'arrivo del tram. E poi, da noi, d'estate, è normale vedere persone con il segno del costume; qui, è facile vedere, sempre, i fanatici degli sci scottati, ovviamente solo in viso con il segno delle maschere: sembrano gli ultras del Bayern Monaco.
Ho finalmente trovato una risposta al mio quesito sulla necessità di timbrare un abbonamento!
Hanno ammesso di controllarci e l'hanno pure scritto sui manifesti che invitano a convalidare il titolo di viaggio.


"La validation est un geste obligatoire pour voyager en règle. Elle est nécessaire pour nous aider à mieux organiser le réseau"
"La convalida è un gesto obbligatorio per viaggiare in regola, è necessaria per aiutarci a meglio organizzare la rete."
Sicuramente sarà vero, sicuramente sarà per ottimizzare i trasporti, sicuramente sono solo io a pensare alle teorie del complotto, ma credo che un'indagine statistica si possa fare al massimo in un mese e non sia necessario convalidare proprio sempre. Ma molto probabilmente sbaglio io!
Ci sono ancora molte cose che non mi riesco a spiegare, per esempio qui i bambini il mercoledì non vanno a scuola, poi hanno le vacanze d'inverno, le vacanze di primavera, i giorni per andare a sciare (davvero!) e a maggio le scuole chiudono: perché allora si dice che i bambini francesi sono più preparati dei bambini italiani? E' tutta colpa del livello di insegnamento e degli insegnanti? E' un dato reale o è il solito atteggiamento esterofila dell'Italia?
I francesi hanno dei pregi: il senso civico, il senso estetico (non per l'abbigliamento), l'educazione verso gli anziani e verso gli animali. Le cose funzionano, ci sono tutti i servizi necessari e anche di più, c'è meritocrazia sul lavoro, insomma qui si può vivere bene.
E mentre riflettevo su questo, in laboratorio, sono andata a prendere il caffè, però prima sono passata a lavare la tazza sporca del caffè di stamattina..e ho incontrato una signora, una segretaria, che incontro spesso e che mi ha detto senza che le chiedessi nulla "Ma perché lavi la tazza tutte le volte? Tanto ci devi rimettere il caffè".
Ok non diventerò mai come loro!

martedì 18 marzo 2014

"La lingua è la veste del pensiero"

Sto sempre a scrivere di quanto sia strano il francese e di quanto sia forte il loro nazionalismo linguistico. Ho comunque fama di essere un po' pedante nelle correzioni della nostra cara lingua madre, sia qui che in patria.
Allora ho deciso di scrivere un vademecum, che non vuole certamente essere esaustivo e che in realtà serve solo a me per non continuare a leggere quest'articolo per la tesi!

Mi piacerebbe analizzare gli errori e gli orrori più comuni della lingua italiana, ma anche raccontare qualche curiosità della nostra lingua.
  •  La parola pò non esiste, esistono Po, il fiume e po', con l'apostrofo, come troncamento di poco.
  •  "Un'oca" e "un armadio": l'apostrofo serve solo con le parole femminili che iniziano per vocale.
  •  "Qual’è" non esiste, si scrive "qual è" perché si tratta di un troncamento di “quale”, non di un’elisione. Allo stesso modo di qual buon vento, buon uomo e nessun dubbio.
  •  Sì, come risposta affermativa si scrive con l'accento per distinguerlo dal si, senza accento, che è un pronome.
  •  Mi rifiuto di parlare dell'uso di congiuntivo e condizionale. Chi non sa coniugare i verbi nel modo e nel tempo giusti, nella propria lingua madre, non dovrebbe avere nemmeno la licenza elementare.
  •  Da, dà e da' hanno tre significati diversi: da è la preposizione semplice ("Vengo da Roma"), dà è voce del verbo dare ("Mi dà una mano") e da' è il troncamento di dai ("Da' una mano a Carlo!).
  • Vale la stessa cosa per fa e fa', mentre non esiste fà, come non esiste dò.
  • La d eufonica di ad o ed serve per far sì che la frase scorra meglio e abbia un bel suono, si usa solo prima di parole che inizino per vocali. Quindi la forma corretta è "Vado ad Ancona".
  •  Affianco o a fianco? Affianco è la prima persona singolare del presente indicativo del verbo affiancare, quindi per dire "a lato di" la forma corretta è a fianco.
  • C'è una regola che ha poche eccezioni ed è quella per formare il plurale di parole che terminano in "cia" e "gia": se la c e la g sono precedute da una vocale (ciliegia, camicia, fiducia), allora la i si mantiene nel plurale; se invece la c e la g sono precedute da una consonante (pioggia, pancia), allora la i si elimina. Le eccezioni sono ciliege, valige, e provincie per le quali sono accettate entrambe le forme.
  • Daccordo o d'accordo? La forma corretta è "d'accordo".
  • Se stesso o sé stesso? Quando il se è accompagnato da stesso l'accento non è necessario. Nel se, usato come particella ipotetica l'accento non ci va, ad esempio "se avessi". Quando troviamo il se come forma non ipotetica bisogna mettere l'accento, ad esempio "va da sé".
  • Aspirapolvere è maschile e aspirapolveri non esiste..Si dice "i nuovi aspirapolvere sono silenziosi".
  • Televisore e televisione non sono sinonimi: il televisore, l'apparecchio elettronico serve per fruire del servizio della televisione, la trasmissione di programmi. Quindi a meno che non stiate a guardare lo schermo nero non si dice "Sto guardando il televisore".
  • Qualche altra curiosità: grattugiare si scrive solo con due g, collutorio con una sola t e il vocabolario non morde.

Continua...

lunedì 17 marzo 2014

"Il poker si gioca in quattro, oppure in tre col morto, o anche meglio in tre col pollo"

Ieri sera ho fatto un torneo di poker con i ragazzi della residenza in cui abito,c'erano dei francesi, ma non solo. Mi aspettavo l'uso delle espressioni internazionali del poker, ma non è stato così: i francesi sono stati capaci di tradurre anche queste: call diventa je suis, raise diventa je relance, fold è je me couche, all in diventa l'incomprensibile tapis.
E traducono anche il nome dei punti, è vero anche in italiano diciamo coppia, doppia coppia, scala e colore, ma poker è poker, è pur sempre il nome del gioco! Loro, invece, dicono carré....


Sono rimasta sconcertata! 
Però ho vinto! Non è stato particolarmente difficile, sono troppo poco flessibili per saper giocare a poker! E per una volta ho usato a mio favore i loro pregiudizi sugli italiani e nell'ultimo abbatage (showdown, per capirci) vincendo ho esclamato: "Mais vous  voulez aller à voler à la maison des voleurs?" che secondo me sarebbe l'equivalente di "ma volete andare a rubare a casa dei ladri?".
In realtà non so se sia corretto, ho dovuto spiegar loro il senso, ma mi diverto lo stesso ad utilizzare i proverbi e i modi di dire nostrani.
Per esempio, a due ragazzi che vanno a pranzo alle 12 in punto dico sempre:
"Avec vous, nous pouvons régler l'heure sur l'horloge!"

giovedì 13 marzo 2014

I bambini, gli ubriachi e i leggins, dicono sempre la verità.

Qui da una decina di giorni fa caldo, almeno durante il giorno mentre di sera fa ancora un po' freddo almeno per noi con una termoregolazione funzionante. Per loro, per i francesi, no.
Loro, credo non facciano il cambio stagione nell'armadio. Quello che si mettono in estate è all'incirca quello che si mettono in inverno.
Magliettine leggere, gonne corte con collant 50 denari e ballerine per lei, t-shirt scollata e aderente da narcisista borioso alla "uomini e donne" per lui. Anche se nevica!
Io non sono freddolosa, ma qui si esagera.
Sembra che la mattina aprano l'armadio e prendano dei vestiti qualsiasi, dando vita ad un look casuale e non casual.Chiunque, come me, crede di non avere un grande gusto nel vestirsi dovrebbe venire in Francia per una cura di autostima.
Ai ragazzi sembra che gli siano stati rubati tutti i vestiti eccetto il pigiama e la borsa della palestra e alle ragazze ricordo che i leggins (o come diavolo si chiamano) non sono obbligatori soprattutto se 42 per voi è la gradazione della Sambuca e non una taglia. Ovviamente ci sono anche le ragazze vestite di tutto punto, io le chiamo le francesine, rispecchiano proprio il concetto di moda francese, alla Audrey Hepburn in Cenerentola a Parigi. 
La maggior parte si veste male: camicie stropicciate, calze smagliate, maglioni extralarge infeltriti, abbinamenti tipo verde acido e rosso porpora (ho detto due colori a caso, leggete "colori assurdi che stanno male tra loro"), sandali con le calze alla tedesca...Devo passare in qualche negozio di elettrodomestici e vedere se ci sono i ferri da stiro e se costano troppo perché pare che nessuno li usi. 
Altro che stile e eleganza della moda francese!
E poi il primo "caldo" ha fatto il resto, ora si vedono ragazzi con le infradito e il cappello di lana.
Non so come sia compatibile parlare di andare a sciare il weekend successivo e vestirsi come per andare al mare.
E ho scoperto, da donna di mare lo ignoravo, che si può sciare anche d'estate, basta andare sul ghiacciaio! Che bello!






mercoledì 12 marzo 2014

Se qualcosa può andar male, lo farà in triplice copia

I ritmi francesi sono molto diversi dai miei, qui si svegliano presto, vanno a lavoro presto, pranzano presto, cenano presto e vanno a letto presto: tutta vita insomma.
Io la mattina capisco che è tardi se non c'è la signorina a consegnare il quotidiano gratuito alla fermata del tram, non guardo spesso l'orologio appena sveglia, mi mette l'ansia, anche perché prima di alzarmi dal letto ho spento la sveglia almeno tre volte, dato che la sera prima sono andata a letto tardi perché ho cenato tardi. Poi vado in laboratorio, gli altri sono lì da almeno un'ora e mentre io prendo il caffè di metà mattina loro vanno a mensa, poi quando la mensa sta per chiudere, io vado a pranzo.
E' difficile cambiare i propri orari, sarebbe più semplice se fossero ragionevoli, ma qui mangiano in orario di ospedale: pranzo 11,30, cena 19: forse sarei dovuta andare in Spagna a fare il tirocinio.
Trasferirmi in Francia mi ha portato ad avere la possibilità di fare cose che era da tempo che non facevo: leggere, scrivere, guardare i telefilm...E sto conoscendo davvero tante persone di tutto il mondo.
Non sto qui a generalizzare ma ci sono degli elementi peculiari che caratterizzano, almeno a grandi linee, i diversi popoli.
Gli asiatici, fanno sempre gruppo tra di loro, continuano a mangiare il loro cibo e a parlare la loro lingua, e il loro atteggiamento che, per molti è riservatezza, a me spesso sembra presunzione.
Gli spagnoli sono come il prezzemolo e sono quanto di più simile agli italiani, casinari e compagnoni.
Poi ci sono finlandesi, svedesi, inglesi, americani, tedeschi, che per comunicare parlano praticamente sempre inglese, ragion per cui io non ci parlo molto e quindi non esprimo giudizi.
I francesi sono educati, hanno molto senso civico, ma mancano completamente di flessibilità: se per andare da A a C loro passano sempre per B non riusciranno a capire che posso anche andare direttamente da A a C.
A differenza degli italiani che possono non conoscere nessuno, non saper parlare, ma si arrangiano.
L'italiano si arrangia sempre!
Ah la mia battaglia con la burocrazia non è ancora finita: rimborso del tram e contributo della CAF (che non so ancora bene cosa sia).
Per il rimborso del tram ho dovuto riempire "solo" 2 moduli e fare la fotocopia della tessera e della ricevuta di pagamento, ma ho pensato che fossero capaci di fare 49,20 euro x 2 e quindi ho compilato un solo modulo per febbraio e per marzo...Madornale errore! Devo consegnare i 2 moduli e la ricevuta di pagamento e la fotocopia della tessera (anche se è la stessa) per ogni mese. Anche se non ha nessun senso!

In Francia agli studenti riconoscono un contributo per l'affitto, alla CAF, che riesci ad ottenere solo se riesci a capire tutta la documentazione che devi portare, non ci sono altri requisiti.
Vogliono il certificato di scolarité, l'assicurazione sull'alloggio, l'assicurazione sanitaria, la carte étudiant, la carta di identità, una dichiarazione che non si è accattoni, cioè che si hanno i mezzi di sostentamento per vivere e dulcis in fundo il certificato di nascita... A che diavolo serve il certificato di nascita???
Se ce la faccio vi aggiorno!!!!






lunedì 3 marzo 2014

Domani

Diciamo che non c'entra molto con un blog, ma posso scriverci quello che mi pare, giusto?

Domani

Le mie dita arano la terra dei giorni
che cade all'orizzonte
Sulla carta un chiaroscuro rammenta
il travaglio del tempo che fugge
La mia ombra si riflette appena nella stanza,
si illuminano i lampioni nelle strade
ad annunciar il tramonto
il giorno è morente
Sul davanzale scorgo l'ombra di un passero che
timoroso e sfuggente scruta l'orizzonte,
quasi a cercar
nella penombra della sera ,
un rifugio sicuro al venir della notte.
Il cielo si accende
di tremule stelle
Silente la terra
attende l'aurora
Il pigolio che assorda il bosco
ammutolisce
quando all'orizzonte balza il sole.
Aleggia
ebbrezza intorno,
un sospiro di magia,
che sfoglia
come petali
le mie sensazioni
La mia attesa
è il silenzio inebriante
che corre fra una nota e l'altra.

Full time

Abbandoniamo i luoghi dell'inconscio e vestiamo il quotidiano disincanto con coscienza ed eleganza Il rumore del caffè dà una sferzata a...