sabato 31 maggio 2014

"Essere poliglotta è una gran cosa, ma solo chi tace può farlo perfettamente in tutte le lingue"

La lingua francese è strana, non solo è complicata, piena di regole e di eccezioni, difficile da pronunciare correttamente e  completamente discordante tra scritto e orale ma è anche piena di frasi fatte e sottintesi.
Oggi vi faccio un esempio: la differenza tra merci e merci bien.

Merci è esattamente grazie, lo dite quando qualcuno, vi tiene la porta aperta o quando vi versano l'acqua nel bicchiere, la seconda quando quel qualcuno vi tiene la porta aperta sotto la pioggia battente e aspetta che voi portiate dentro tutta la spesa e anzi poi vi aiuta anche a portare le buste pesanti oppure a quel qualcuno che vi vuole versare l'acqua e si allunga ma non arriva alla bottiglia, allora si alza, fa lo slalom tra il pepe ed il sale, cerca di non far cadere il mazzo di fiori a centrotavola, raggiunge la bottiglia dell’acqua e vi riempie il bicchiere, quindi la parola bien rafforza il vostro merci.
Possiamo tradurli come Grazie e Grazie mille.
Adesso prendiamo l’espressione Je t’aime e Je t’aime bien che dopo la spiegazione precedente tradurreste subito con Ti amo e Ti amo da impazzire.
 E invece, a dimostrazione del fatto che i francesi sono contorti, non è così!
 La prima frase implica un sentimento profondo, quello che ci fa battere il cuore e ci fa sentire le farfalle nello stomaco (se non è il cibo francese) è quello che diremmo al nostro ragazzo o alla nostra ragazza, a nostro marito o a nostra moglie.
Mentre la seconda è udite udite, meno forte. Si dice di qualcosa che ci piace abbastanza o di qualcuno appena conosciuto

Sinceramente non smetto mai di stupirmi. 

giovedì 22 maggio 2014

Per non dimenticare perché è nato questo blog...


Noi diciamo in Italia il "giro di Francia" lo chiamiamo TOUR DE FRANCE!!!

Scrivere

Scrivo da sempre. Sono una persona molto tecnologica, cioè diciamo che ho scelto la tecnologia come lavoro, ma anche per le mie passioni, per esempio per leggere uso il kindle ma per scrivere mi serve la carta.
Mi piace scarabocchiare i fogli bianchi con una bic nera. Scrivere a mano mi dà l'idea di disegnare la parola, di accarezzarla e di farla mia.
Io scrivo veramente male, cioè la mia grafia è all'esatto antipodo della calligrafia. Spesso ho invidiato le mie amiche o mia sorella per la grazia, la rotondità e l'eleganza delle loro parole scritte, però sono affezionata alla mia...crittografia. 
Chi mi conosce sa che non si capisce davvero nulla, nessuno mi chiede gli appunti, tutti mi fanno la classica battuta "dovevi fare il medico" o suppongono che io conosca l'egiziano antico.
Ma è anche uno scudo contro gli sguardi indiscreti, io posso scrivere anche su un treno senza correre il rischio che la persona accanto a me capisca qualcosa.
E credo che scrivere serva anche a me stessa per leggere le mie verità a "chiare" lettere, soprattutto quando cerchiamo di autoingannarci.
E oltre a scrivere pensieri buttati lì così o la lista della spesa, mi diletto a scrivere qualcosa che assomigli a delle poesie.
Scrivere poesie è guardarci dentro ed esprimere la pienezza dei nostri sentimenti senza inibizioni o maschere, con arte. E' un viaggio nella propria anima, che  può essere fatto con gli occhi di un bambino, innocenti e pieni di speranza, può essere continuato con gli occhi stanchi di chi ormai non spera più, può essere illuminato con gli occhi di chi ama, di chi odia o di chi è curioso e desideroso di scoprire. Si dice molto spesso che la poesia è dolore, che i suoi contenuti sono tristi. E in buona parte questo è vero, ma allo stesso tempo la poesia è un'arte che non sopporta il lamento confortevole anche se è prodotto da un dolore autentico e profondo e spesso cela la verità enigmatica e misteriosa nell'ombra di figure o di metafore.
La poesia non è uno stato di improvvisa ebbrezza, non è confessione immediata, non è uno sfogo anche se a volte può aiutare a tirarsi su. La poesia è un'arte e una forma di espressione e conoscenza che richiede virtù e sensibilità specifiche, ma anche studio, consapevolezza del linguaggio e della forma, parole giuste scritte con un paziente lavoro di attesa, di messa a fuoco, di ricerca nel profondo e di capacità di elaborazione. Quest'ultima può anche essere solo mentale, lentissima o velocissima: i procedimenti possibili sono pressoché infiniti, quello che conta è il risultato come del resto nella musica e nella pittura.
Scrivere poesie non è difficile, il difficile è scriverle bene. Ma se non vogliamo pubblicarle o farne un mestiere, l'importante è che piacciano a noi stessi. Tutti possiamo essere poeti, l'importante è fare uscire la crisalide dal bozzolo, vincere la confusione circostante senza imitarla, lasciare che la magia venga da sola, perché è rischioso andarla a cercare.

Detto questo, io continuerò a scrivere senza particolari pretese, perché mi fa sentire bene: è una personale forma di felicità. 

lunedì 12 maggio 2014

Sussulto

Respira la notte
che svela emozioni
nascoste e celate
negli orizzonti infiniti
 dove le onde s'infrangono
sui confini del mondo.

Danza e rotea
tra cose non dette
nell'abulia
di un tragico sincronismo
o nell'inutile alibi dell'equilibrio.

Dietro l’intransigenza,
ho scolpito una statua di sale
che si scioglie con poche gocce
di tenerezza.

Il respiro del vento
sulle vette innevate
consacra il miracolo
di una rara armonia.

Vola elegante
tra fuoco e profumi,
la punta delle dita
vibra e volteggia
sulle note stonate della vita.

Indugio.

Rapita dalla sottile increspatura del tuo labbro,
Soffio via la malinconia dai tuoi occhi
un fremito sottile si insinua in me
a ricordare alle aurore
i risvegli mancati
e ai tramonti i sogni perduti.

Affondi la testa nel cuscino e mi stringi a te

Commuovi l’aria
e mi sfiori l’anima.
E' bello.
Sei tu.

Chimere lontane
Sorrisi e carezze
Schegge di favole
Si affollano strane
E mi ritrovo danzante
In un passato remoto
Ostaggio perduto
di un mare fluttuante
Prigioniera di un sogno
Distante una vita
Di un'alba smarrita
L'eterno bisogno
e sarà vera quiete
dopo un lungo silenzio sordo.

venerdì 9 maggio 2014

"La cosa più pericolosa da fare è rimanere immobili"

I francesi sono paranoici. Da quando sono qui, cioè 3 mesi ho fatto 3 simulazioni di evacuazione ed è scattato l'allarme antincendio almeno 5 volte.
Ed ho già parlato delle assicurazioni che stipulano su qualsiasi cosa, oggi voglio parlare dell'allerta bombardamenti.
Mercoledì ero in riunione con il professore ed ho sentito una sirena, allora ho chiesto a lui cosa fosse e mi ha spiegato che suona ogni primo mercoledì del mese e serve solo a controllare che funzioni.
Mi sono documentata. Esiste una rete di sirene, che è attiva dalla seconda guerra mondiale chiamata RNA, Réseau National d’Alerte, rete nazionale d'allerta, costituita da 4500 sirene che permette di attirare rapidamente l'attenzione della popolazione nel caso fosse in atto un bombardamento o una catastrofe naturale.
E sono nazionalisti anche con il suono della sirena, la Francia ha definito addirittura un segnale nazionale unico, composto da un suono che sale e scende, di tre sequenze di un minuto separate da un silenzio di cinque secondi. La fine dell’allerta è annunciata con un segnale continuo di trenta secondi.
Il segnale test che si sente ogni primo mercoledì del mese, esattamente a mezzogiorno, invece, per fortuna dura un solo minuto.
Io trovo che sia angosciante!
Un'altra cosa che caratterizza i francesi è la loro fissazione per gli orari. Per esempio, i pub, durante la settimana, chiudono all'una di notte, un po' presto, ma ci può stare. Se non fosse che alle 00,45 ti cacciano dal locale sia che sia strapieno sia che sia vuoto e per evitare che tu dica "finisco la birra e vado",  ti danno un bicchiere di plastica in cui travasarla per levarti dai piedi.
Mi manca la cordialità italiana verso gli avventori, quelli che ti offrono il caffè o che ti arrotondano per difetto il conto.
Però spezziamo una lancia a loro favore:  mi piace la spensieratezza con la quale qui vivono e sperimentano cose anche le persone apparentemente inadatte, anziane o con qualche chilo di troppo o anche solo, un po' goffe e imbranate.
Li vedi nei parchi intenti nelle più strane attività circensi, come la slackline (camminare in equilibrio su una corda tesa tra due alberi) o il diablo oppure li incontri in città con i roller o il monopattino.
Mi piace!
Allora ho preso i miei roller e sono andata a pattinare, lungo il fiume e mi sono sentita libera e potente. Ho sentito di avere le potenzialità di vedere cosa c'è nell'altra faccia della luna, forse per un solo momento, ma è stato magico.

Certo, spesso ho provato la stessa sensazione pattinando sul lungomare di casa mia e forse avrei avvertito la stessa tranquillità e spensieratezza anche camminando o correndo o pedalando o allungata sul prato ma non lo saprò mai perché, come diceva Kundera, si vive una vita soltanto e non si può né confrontarla con le proprie vite precedenti né correggerla nelle vite future.

PS: Mamma non ti preoccupare, ci so andare con i pattini!

domenica 4 maggio 2014

Prendersi un po' di tempo

Essere in erasmus vuol dire anche prendersi un po' di tempo per sé.
É un po' di tempo che non scrivo, per fortuna per mancanza di tempo e non di ispirazione.
Ho fatto il compleanno, ho compiuto 27 anni ma sto ancora realizzando che sono 11 anni che non ho più 16 anni.
Sto imparando il francese e amo sempre più l'italiano.
Essere lontana mi ha fatto capire quanto mi mancano le persone della mia vita, anche se qui ho conosciuto delle belle persone, che sono già entrate nel mio cuore.
Nella vita scegli il ragazzo, gli amici, il lavoro, dove vivere...
Ma quello che non puoi scegliere è la famiglia, quando nasci ti trovi una mamma e un papà e nel mio caso una meravigliosa sorella.
E oggi pensavo proprio a lei, complice una foto di noi da bimbe che mi ha inviato, non mi piace parlare di questo su un blog, mi sembra quasi di dover proteggere questo legame, questa magia, ma oggi ho voglia di dirle che le voglio bene e che niente ci separerà, mai.
Mentre io mi lascio andare al romanticismo, nel corridoio ci sono orde di cinesi che urlano. Mi stanno facendo diventare razzista. Odio il loro atteggiamento di superiorità. Molti popoli sono schivi, ma loro sembrano proprio snobbare il resto del mondo.
Continuo ad essere dispiaciuta, rammaricata e arrabbiata per il messaggio che diamo al mondo dell'Italia.

Mi riferisco alla scena penosa di ieri sera nella finale di Coppa Italia, Napoli Fiorentina. Non voglio essere retorica nel dire che non ci dovrebbe essere violenza nello sport, ma a me piace il calcio e quando vedo i fumogeni lanciati dagli spalti mi sento ferita nell'orgoglio di tifosa e di persona. Ieri sera, però hanno toccato il fondo, quando hanno chiesto il permesso per giocare la partita al capo-ultrà, un delinquente, un pregiudicato con indosso una maglietta con scritto "Speziale libero", Speziale assassino condannato di Filippo Raciti, poliziotto ucciso mentre faceva il suo lavoro.
Italia hai perso!

Esterno Crepuscolo

Esterno- Crepuscolo Si attacca ai comignoli il tramonto stasera le nuvole volteggiano travestite di rosso La mente fa lenti balzi tra le cos...