giovedì 16 giugno 2016

Allarme grandine tra poco al Nord, 40° al Sud.

Quando sono di umore incerto, nel senso che sono indecisa tra il farmi cogliere dalla nostalgia o virare verso la moderata gioia di vivere, penso alle rette parallele.
Così lontane, così vicine, così….

 Anziché starmene qui a ruminare pensieri, a forzare silenzi, parlo o meglio scrivo, tanto, a ruota libera, delle cose più disparate, dall'economia dell’Uganda alla collezione primavera-estate di Armani.
Non faccio discorsi strutturati, mai. Non sono mai riuscita a restare nemmeno nei margini.
Nei quaderni, a scuola, oltre alle righe orizzontali c’erano agli estremi della pagina due grosse righe verticali, una per lato, che erano il limite che non dovevi superare.
Beh, io non riuscivo a stare dentro quei confini così netti, non volevo andare a capo, avevo ancora da dire qualcosa su quella riga e non su un’altra, come un pensiero che non vuoi interrompere.
Non mi è neanche mai piaciuto scrivere sulle righe né sulla pagina a sinistra.

Ecco perché uso i fogli bianchi quelli delle risme delle stampanti, non so perché, forse è il mio modo di pensare che coi piccoli gesti si può cambiare il mondo.

Anche nello scrivere di oggi non sto seguendo una struttura, Pindaro sarebbe fiero di me. 

Rimango a fissare un punto indefinito fino all'imbrunire, mi sembra la mia conquista quotidiana dello spazio, qui, lontano, in un giugno che non accenna a diventare estate.

Ogni luogo è buono per fermarsi... e per scoprire che le rette sono sghembe e mi manca casa.

Mi manca la quiete, quella dei panni stesi da un lato all'altro della strada, dei paesi in cui il tempo si è fermato e il pomeriggio profuma di caldo e di caffè.
Mi mancano i muri un po’ scrostati, che non sanno di degrado ma di vissuto.
Mi manca il clacson usato per salutare e non per la nevrosi della fretta, che tanto, giù il lavoro non c'è, quindi dove corri....
Mi manca l'odore del sale che arriva dal mare, disperso nell'aria come nell'acqua della pasta.

È tutto qui il nostro andare, veloce o lento, da un capo all'altro di questo tragicomico tragitto, ma la meta è sempre casa.

domenica 5 giugno 2016

Una piccola candela

Immobile sul mondo
che sopito dorme
E riempie di sogni questa notte
Deserta di noi, regina di se stessa.
Una luce debole di candela
trema ma senza spegnersi
Incapace di dar luce
ad un quadro che non vedo.
Nell'acme del suo tremore
seguo le orme
di chi cammina in punta di piedi
Vicino
Fino ad annusare i pensieri
Inaspriti dalle volute di fumo
di questa densa quotidianità.
Quanto timore di uscire dal varco
che la vita ci impone.
Quanta indifferenza
negli sguardi della gente.
Troppa nebbia e troppa poca luce.

Mentre uso l'immaginazione
Per creare la mia stella
nel cielo dell'istante

Il silenzio stringe
i cardini del mondo
e la paura diventa virtù
nelle mani dell'artista.

A fare contrasto
il persistente suggerimento
di graziose icone imperanti
E io resto in bilico nella
siderale magia di un fermo immagine
di quella che potrei essere io.

Full time

Abbandoniamo i luoghi dell'inconscio e vestiamo il quotidiano disincanto con coscienza ed eleganza Il rumore del caffè dà una sferzata a...