Venezia 1646, nasce, quinta di sette figli, Elena Lucrezia
Corner Piscopia: la prima donna laureata della storia. Ed è italiana.
Dimostra fin da bambina la sua mente geniale e a 21 anni conosce a menadito il
latino, il greco, il francese, l’inglese e lo spagnolo e studia l’ebraico.
Quando, dopo essersi iscritta all'università, lo Studio di Padova, presenta regolare domanda di ammissione alla laurea, ecco la spiacevole
sorpresa. A una donna, infatti, non era concesso ricevere il titolo di dottore
in teologia. Gregorio Barbarigo, vescovo di Padova (fatto santo ndr) blocca
tutto: la donna è inferiore rispetto
all'uomo e non è capace di ragionamenti difficili.
Niente da fare, nessuna laurea.
Inizia così, una lunga polemica tra lo Studio di Padova, che aveva acconsentito
alla laurea, e il cardinale Barbarigo.
A 32 anni Elena ottiene, finalmente, la sua laurea: gliela
concedono però, in filosofia, non in teologia.
La vita passata sui libri però, presenta ben presto il suo
conto: è il 1684 quando Elena muore a soli 38 anni coperta di debiti.
Bistrattata, dimenticata, umiliata.
L’Italia vanta la prima donna laureata al
mondo e nemmeno lo sa.
E oggi chi rappresenta la femminilità italiana nel mondo? Se
cercate italian woman o femme italienne su google immagini
vengono fuori solo foto di donne nude. Perché?
Io non sono femminista né tanto meno perbenista.
Dopo aver smascherato il bunga bunga di turno si è detto e si è scritto
molto sulla riacquisizione della libertà sessuale delle donne, ma stiamo scherzando?
Ci sono alcune che fanno le puttane, di lusso, ma sempre
puttane, e si parla di riacquisizione della libertà sessuale di tutte le donne?
E' come se dovessimo aspettare che il figlio celiaco di un
politico scoprisse la pasta senza glutine per ricominciare tutti a mangiare il
pane.
Come siamo passati dal difendere l’autodeterminazione del
proprio corpo al moralismo bacchettone riconducibile al Medioevo?
Diciamo che a me è molto cara la presunta parità dei sessi.
Sono una donna,
ingegnere, di cui non esiste neanche il termine femminile, e mi ritrovo a
rivendicare ogni giorno la mia identità sia personale che professionale perché
la società non aiuta.
Non sono qui a puntare il dito sulle leggi e sulle pari
opportunità, io ce l'ho con le donne.
Quelle donne che vogliono le quote rosa, che assomigliano ai parcheggi riservati ai
disabili, che sono indispensabili perché loro non possono parcheggiare ovunque.
Io vorrei, da donna, poter accedere al mondo politico per i miei meriti e non
per i miei cromosomi.
Quelle donne che accettano l'ingresso "donne"
gratuito in discoteca, senza sentirsi oggetto sessuale.
Le donne che non si sentono offese dalle immagini della
valletta, velina o letterina senza cervello, ma che invece idolatrano quel
modello. E si guardano allo specchio schifate e a suon di diete frustranti e di
ginnastica massacrante cercano a tutti i costi di essere belle.
Ma la bellezza spesso è vista come approvazione degli altri
più che propria accettazione di se stesse. Si guardano come pensano che le
guardino gli uomini e cercano di diventare come loro le vorrebbero.
Le femministe sessantottine ostentavano lo slogan "il
corpo è mio e ci faccio quello che voglio".
Ma non è vero che uomini e donne sono, allo stesso titolo,
padroni del proprio corpo e dunque sovranamente liberi di farne ciò che
vogliono. Trattarlo come strumento di meretricio, vendendo le proprie prestazioni
sessuali o insulto al pubblico pudore, indossando leggins taglia 48. Non è
vero che si ride allo stesso modo di una donna un po’ in carne o di un uomo con
la pancetta. Non è vero perché ad oggi, che ci piaccia o no, le donne sono
sempre un po’ più puttane e un po’ più grasse degli uomini. E questo accade
perché il nostro corpo non è mai solo nostro: il corpo delle donne è guardato, analizzato,
smaniato o fischiato da tutti. É un luogo pubblico, o meglio un luogo in cui si
esercita il discorso pubblico.
Si è passati dalla segregazione in casa delle donne
dell'inizio del Novecento all'imprigionamento in schemi asfissianti di
donna-corpo, estratto dalla costola dell’uomo per farlo nascere a suo modello
rispondente a fantasie irreali. L’oggetto-donna si è trasformato secondo il
desiderio maschile e la sua fantasia erotica come oggetto di piacere. Bambole
di gomma fatte di carne umana.
Non si offendano le donne. Loro sanno e accettano consapevoli il gioco.
Ovviamente non parlo di tutte le donne, ma di quelle che scelgono scorciatoie
puntando su un azzardo di sesso e intimità con l’uomo potente che
concederà loro un ruolo istituzionale, imprenditoriale o politico come ringraziamento
per le belle ore passate insieme.
Paolo Guzzanti parla di mignottocrazia. Che facciamo?
Insegniamo ai nostri figli che è inutile impegnarsi e studiare ma imparare a
vendere al meglio il proprio corpo? Che non è importante costruirsi una cultura
ma costruirsi un bel corpo!
Una volta c’era la consolazione della dignità personale,
familiare, sociale.
Oggi la tv umilia le vere donne e fa apologia dello spregio
trasmettendo una realtà tanto dannosa quanto falsata.
Oggi è pieno di programmi "tidicocometruccarti" o
"macometivesti" inseguendo sempre il gusto della seduzione, che
sembra l'unica cosa che conta.
Anna Magnani, in tutta la sua autenticità, al truccatore che
voleva coprire le rughe prima di entrare in scena, diceva:
«Lasciamele tutte, non me ne togliere nemmeno una, ci ho messo una vita a
farmele».
Per fortuna ci sono anche delle grandi donne, ingegneri,
medici, insegnanti, casalinghe o centraliniste, che non si lasciano traviare da
questo stato di cose e vivono la loro vita libere da costrizioni di genere.
Questo non vuol dire che non mettono i leggins o non si
truccano o non si vestono eleganti o non seguono diete... Vuol dire che se lo
fanno, hanno scelto di farlo per loro stesse e non per le imposizioni sociali.
Le donne sono il centro della vita degli uomini, il loro
punto di riferimento: provate a criticare la mamma di un uomo...
Secondo me è un misto di insicurezza e orgoglio ad averli
spinti, sempre, a discriminare la donna per la paura che lei riuscisse a far
qualcosa meglio di loro.
L'unica cosa che dobbiamo fare è non stare al loro gioco ed
essere noi stesse, perché uomini e donne non sono uguali ed è questa la nostra
forza.