giovedì 31 ottobre 2019

Futuro Passato


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L'alba si è spogliata
del vestito rosa

Ora appare nuda
oltre l'ombra e
oltre il cielo.

Nell'azzurro del vento,
i sogni dispersi
dalla sfrenata giustapposizione
della fine del mondo.

La vita è solo
la manutenzione
di una circostanza

31/10/2019: una pillola di italiano al giorno

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La pillola di italiano di oggi è l'espressione: IL GIOCO NON VALE LA CANDELA


Il gioco non vale la candela è una locuzione proverbiale usata quando uno sforzo richiesto non sarà, con ogni probabilità, compensato dai risultati che ne derivano. Praticamente vuol dire "non ne vale la pena!"

Origine

L'espressione nasce nel medioevo quando, nelle case e nelle osterie, il tempo si trascorreva giocando a carte. E quando si giocava la sera c'era l'uso, che i giocatori lasciassero una piccola parte del loro guadagno al padrone di casa per la spesa della candela. Così, con questo modo di dire, s'intende che non vale la pena andare incontro a un sacrificio, se non farà ottenere un utile proporzionato.

mercoledì 30 ottobre 2019

30/10/2019: una pillola di italiano al giorno

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La pillola di "italiano" di oggi è: OK


La parola OK, scritta anche okay,  forse non è propriamente una parola di origine italiana (anche se c'è un'ipotesi di origine latina), ma è impensabile eliminarla dal nostro dizionario quotidiano.
Indica positività e sostituisce le espressioni «va bene», «sì», o comunque un assenso.

Origine
La prima apparizione certa, nella forma «o.k.», risale al 23 marzo 1839 nel Boston Morning Post.
A dispetto della sua diffusione universale, non c'è una teoria condivisa sulla sua origine
Ecco alcune delle ipotesi più comuni:
  • In Russia si crede derivi da "очень хорошо" (trascrizione fonetica: ochen' khorosho): il grido che solevano urlare gli scaricatori di porto agli equipaggi delle navi di tutto il mondo per indicare "molto bene" (tutto il carico è stato stivato/scaricato perfettamente). L'uso del termine O.K., iniziali della trascrizione fonetica, si sarebbe così diffuso "via mare" anche al mondo occidentale.
  • Dal greco Όλα Καλά (ola kalà), che significa "tutto bene". Per adesso questa e la precedente sono le uniche coincidenze fonetiche e letterali del termine O.K
  • Dal latino hoc est ovvero "è così", molto usato come assenso nell'Impero romano.
  • Dalla lingua dei Choctaw, una popolazione nativa americana, dove figurava la parola okeh con la stessa pronuncia e lo stesso significato.
  • Dalla lingua sioux, (la tribù di Toro Seduto, Nuvola Rossa e Cavallo Pazzo) dove la parola Hoka hey (pronunciato Hokehey) significava "va bene", "si può fare", reso famoso dalla frase "hoka hey, oggi è un bel giorno per morire" come grido di guerra.
  • Secondo l'opinione più diffusa nei dizionari di lingua inglese starebbe per Oll korrect, cioè all correct scritto deliberatamente in modo sbagliato per enfatizzarne il significato.
  • Dalla lingua bantu uou-key (trascrizione fonetica) sta per "certamente sì": l'espressione potrebbe così essere filtrata dalla lingua degli schiavi africani nell'uso statunitense.
  • Dall'antico provenzale oc, che significa "sì".
  • Dalla frase gaelica och, aye, "oh sì", che testimonierebbe anche la sua diffusione negli Stati Uniti a opera degli immigrati irlandesi.
  • Ci sono anche teorie che riconducono l'origine alla sigla di un nome proprio, per esempio di una persona preposta al controllo di prodotti, trattative, contratti, elenchi o simili. Tra queste figura la storia di Otis Kendall, che agli inizi del XIX secolo lavorava al porto di New York. Il suo lavoro consisteva nel controllare le merci in carico e scarico ed era solito apportare le iniziali del suo nome "O.K." sulle casse vidimate. OK per antonomasia.
  • Dall'espressione "0 Kelvin", pronunciata oh kay, indicante la temperatura di zero assoluto, spesso indicata con il termine "cool" che in lingua inglese significa anche "tutto bene".

  • Dai militari inglesi e statunitensi che dopo le battaglie facevano un giro di perlustrazione per contare o recuperare i soldati rimasti uccisi. Alla fine scrivevano su una bandiera il numero dei morti seguito dalla lettera K, l'iniziale di killed che in inglese significa "uccisi". Quando in rari casi nessuno era morto sventolavano la bandiera con scritto "OK", ossia zero uccisi (in questo caso, la "O" sarebbe non una lettera "o", ma uno zero). 
Quest'ultima è l'etimologia più accreditata in Italia. L'inizio del suo uso in Italia viene fatto risalire al 1943, anno nel quale le truppe statunitensi sbarcarono in Sicilia e iniziarono la campagna militare per liberare l’Italia e i soldati battevano i campi di battaglia contando i morti. 

fonte: Wikipedia

martedì 29 ottobre 2019

29/10/2019: una pillola di italiano al giorno

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La pillola di italiano di oggi è ABIATICO


Immagina di incontrare un signore di mezza età con una bambina piccola molto carina, una possibile conversazione  potrebbe essere: 
<<Chi è questa bella bimba?>>
<<Mia nipote>>-
Spesso per evitare gaffe si resta con il dubbio se quel signore sia lo zio o il nonno della piccola.

In italiano manca davvero la possibilità di usare un nome distintivo - un "singenionimo", cioè un nome che descrive una parentela, per differenziare il nipote dei nonni dal nipote degli zii? 
La risposta è no, ma con riserva.

Esiste il termine 'abiatico' (talvolta 'abbiatico' o 'aviatico'), derivato lineare dell'avus latino. 
Come sostantivo, descrive precisamente il figlio o la figlia (abiatica) del figlio o della figlia.
 Ma si tratta di una parola completamente desueta. 
Lo è appena meno come aggettivo - col significato 'del nonno' e analoghi. Si può quindi parlare di nipoti abiatici, dell'eredità abiatica, di un'usanza abiatica a cui siamo molto affezionati.

L'italiano è una lingua ricchissima, eppure qui ha una risorsa spendibile in meno rispetto a tante altre lingue. Altre lingue, anche romanze, hanno sviluppato termini diversi per indicare il diverso grado di parentela, come avviene ad esempio nel francese (petit-fils ~ neveu), spagnolo (nieto ~ sobrino), catalano (nét ~ nebot), portoghese (neto ~ sobrinho) e anche l'inglese (grandson ~ nephew), il tedesco (Enkelsohn ~ Neffe), il polacco (wnuk ~ bratanek), il ceco (vnuk ~ synovec). 
Ma chi non teme la desuetudine può usare abiatico.

lunedì 28 ottobre 2019

28/10/2019: una pillola di italiano al giorno


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La pillola di oggi è la parola: AMBARADAN


Ambaradan è un termine che indica un insieme disordinato di elementi, un guazzabuglio, una grande confusione.

Tutti noi abbiamo sentito almeno una volta la parola “ambaradan”: "É successo un ambaradan!", "Cos’è questo ambaradan?!", oppure più semplicemente: "È un ambaradan!".




ORIGINE
L'origine è da ricercare nel genocidio avvenuto su un massiccio del'Etiopia, l'Amba Aradam. Infatti nel 1936, avvenne una cruenta battaglia tra italiani e abissini, seguita da una strage di civili da parte delle forze italiane. Durante questa battaglia le truppe italiane erano alleate con alcune tribù locali ma, a seconda delle trattative in corso, alcune di queste si alleavano a loro volta con il nemico, per poi riaffiancare i soldati italiani. La battaglia fu vinta dalle Camicie nere, che presero il controllo della situazione e ordinarono l'uso di gas tossici vietati, provocando la morte di circa 20.000 etiopi, tra civili e militari.
Al loro ritorno in Italia, i soldati, di fronte a una situazione disordinata e caotica, cominciarono a definirla «come ad Amba Aradam», «è un'Amba Aradam».
Poi, come direbbero quelli bravi, con una crasi e la corruzione finale le due parole si sono fuse in una sola diventando "ambaradan". La trasformazione della consonante finale (corruzione) m in n è un banale errore di pronuncia diventato comune poiché la parola si trova raramente in forma scritta.









domenica 27 ottobre 2019

27/10/2019: una pillola di italiano al giorno




La pillola di oggi è l'espressione: BICCHIERE DELLA STAFFA

Bere il bicchiere della staffa significa bere l'ultimo bicchiere prima di congedarsi dagli amici, in genere per recarsi a casa propria per riposare.
Origine:
Questa espressione nasce nel 700, quando i signori che si recavano nelle locande bevevano l'ultimo bicchiere quando già avevano un piede nella staffa, pronti per montare a cavallo.

sabato 26 ottobre 2019

26/10/2019: una pillola di italiano al giorno

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La pillola di oggi è l'espressione CALMA E GESSO


“Calma e gesso” è un’espressione che si usa comunemente per indurre qualcuno a riflettere prima di prendere decisioni affrettate. Un invito a restare calmo nonostante una situazione difficile.

Origine

L’origine di questa locuzione deriva dal gioco del biliardo. Prima di ogni giocata difficile, si prende tempo e si cerca di valutare la situazione strofinando con il gesso la punta della propria stecca.

venerdì 25 ottobre 2019

25/10/2019: una pillola di italiano al giorno

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La pillola di oggi è l'espressione FARE LA CRESTA




Fare la cresta vuol dire rubare, facendo apparire il prezzo superiore a quello effettivamente pagato, tenendo per sé la differenza. E’ particolarmente usato con riferimento a persone incaricate di fare acquisti giornalieri, che facendo figurare il prezzo maggiore di quello effettivo riescono a trattenere parte dei soldi ricevuti per tali spese.


Origine

L’origine di questa espressione è quanto mai sorprendente: nell'antichità si era soliti aggiungere ai pasti un condimento, chiamato “agresto“, ricavato dall'uva poco matura. 
Per preparare il condimento i contadini venivano mandati nelle vigne per cogliere solo l’uva ancora poco matura; in realtà accadeva spesso che raccogliessero anche l’uva buona da tenere per sé.
Questo gesto ha preso il nome di “fare l’agresto” che, col tempo, si è trasformato in “fare la cresta”. 





giovedì 24 ottobre 2019

24/10/2019: una pillola di italiano al giorno

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La parola di oggi è: BORIA



La boria è un ostentato atteggiamento di superiorità, di arroganza derivante da sopravvalutazione del proprio ruolo o dei propri meriti 
Origine
Molto probabilmente il termine deriva dal latino boreas, che vuol dire tramontana, il forte vento freddo che soffia da Nord, da cui deriva la locuzione "darsi delle arie".
Di conseguenza nel tempo "boria" ha acquisito il significato di "superbia, alterigia, supponenza, vana ostentazione di grandezza, di orgoglio".

mercoledì 23 ottobre 2019

23/10/2019: una pillola di italiano al giorno

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La pillola del giorno è una parola difficile: PARERGO


Il parergo è un'aggiunta accessoria fatta a un'opera letteraria o figurativa, appendice, digressione, abbellimento.


Origine

Parergo viene dal latino párergon, che a sua volte viene dal greco párergon 'accessorio', composto di para- 'presso, accanto' ed érgon 'opera'.

Ha una forza straordinaria data dalla sua semplicità di significato: mentre l'appendice penzola moscia, l'aggiunta annaspa nella vaghezza e l'accessorio ha una versatilità da coltellino svizzero, il parergo disegna con due tratti netti qualcosa che viene posto accanto a un'opera principale.
L'obiettivo del parergo è l'abbellimento, infatti si chiamano parerghi le decorazioni puramente ornamentali di opere figurative o architettoniche. 
Una parola dotta come poche altre, e di ricercatezza squisita: probabilmente non la useremo andando a comprare una torta in pasticceria o forse dovremmo?

martedì 22 ottobre 2019

22/10/2019: una pillola di italiano al giorno

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La pillola di oggi è l'espressione: ESSERE AL VERDE



Essere al verde, espressione tristemente nota a molti, è un modo di dire tipico della lingua italiana colloquiale, ma anche letteraria che significa rimanere senza soldi.

La locuzione deriverebbe dall'antica consuetudine di dipingere di verde il fondo dei ceri o delle candele: quindi una candela arrivata al verde era una candela ormai completamente consumata.

Per esempio a Firenze era diffusa l’usanza, al principio delle aste pubbliche, di accendere una candela tinta di verde all'estremità inferiore e di usarla come segnatempo. Una volta che la fiamma raggiungeva il termine della candela, cioè il verde, non si potevano fare più offerte di denaro e l’asta veniva chiusa.

lunedì 21 ottobre 2019

Cielo d'ottobre

Nuvole, cielo, grigio Foto Gratuite

Batuffoli sfilacciati
di nuvole e pensieri
si rincorrono nel cielo.

La stesura incerta
di una folle poesia
che si nutre di istanti,
una frenesia di stati d’animo
velati di parole
che accarezzano la mente.

Fra indugi e attese
aspetto il mare
con le sue onde,
intente a descrivere
l’esistenza dell’infinito,
con albe e tramonti
a scavare volti
nei cuori vissuti.

Ho legato la serenità
ai piedi di un tavolo da pranzo
e la invito ad attendere
mentre io divoro
le pieghe crude
di una vita avviluppata
al moto ondivago dei ricordi.

21/10/19: una pillola al giorno

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La pillola di oggi è la parola BIZEFFE.


La parola "bizeffe" utilizzata prevalentemente nell'espressione “a bizeffe” e sta ad indicare una grande quantità.
La sua origine risale all'epoca romana, di dice che gli alti magistrati romani facessero mettere due volte la parola fiat, “da fare” davanti alle commissioni più importanti. 
La ripetizione della parola “fiat” veniva abbreviata in “FF”, cioè bis effe, da qui l’origine di “bizzeffe”. 

domenica 20 ottobre 2019

20/10/2019: una pillola di italiano al giorno

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La pillola di oggi è l'espressione AVERE IL SANGUE BLU

L’espressione “avere il sangue blu” viene utilizzata per indicare persone di origine nobile. Questa credenza, tuttavia, non ha nessuna evidenza reale. Si pensa che questa espressione derivi dal fatto che i nobili non prendevano il sole, perché essere abbronzati era tipico dei contadini, bifolchi e popolani, dai quali volevano a tutti i costi distinguersi.

Avevano quindi la pelle così chiara da lasciare intravedere le vene che sembravano di colore blu scuro, così da lasciar credere che il sangue contenuto fosse blu.




sabato 19 ottobre 2019

19/10/2019: una pillola di italiano al giorno

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La parola di oggi è ZIZZANIA


La zizzania è una pianta erbacea simile al frumento, che nasce nei campi coltivati, confondendosi fra i cereali. I vegetali che crescono nel terreno circostante ne sono influenzati negativamente, poiché questa danneggia le coltivazioni agricole producendo farina tossica. 
Per questo “seminare zizzania” significa creare situazioni di confusione e disagio.

venerdì 18 ottobre 2019

18/10/2019: una pillola di italiano al giorno

Risultati immagini per filo di arianna labirintoLa parola di oggi non è una parola singola ma un'espressione: PIANTARE IN ASSO.

L’espressione "piantare in asso" viene usata con il significato di "abbandonare qualcuno da un momento all'altro, senza preavviso".

L'origine dell'espressione affonda le radici nella mitologia greca, dal racconto di Teseo e Arianna: Arianna, dopo aver aiutato con il suo filo, l’eroe ateniese Teseo a sconfiggere il Minotauro e ad uscire dal labirinto di Cnosso, fugge insieme agli ateniesi, ma viene abbandonata (piantata) da Teseo sull'isola di Nasso, senza un apparente motivo.
L’episodio è citato ad esempio da Ovidio nei Fasti e da Igino nelle Fabulae.

In italiano poi con il tempo la frase “piantare in Nasso” si trasformò in “piantare in asso”, quella che si utilizza tuttora.

giovedì 17 ottobre 2019

17/10/2019: una pillola di italiano al giorno


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La parola di oggi è RATAFIÀ

Il termine ratafià, denominato localmente anche ratafia o rataffia, indica qualsiasi tipo di liquore composto da un infuso a base di succhi di frutta e alcool.

Ne esistono diverse varianti regionali.
Il ratafià piemontese è una bevanda tradizionale ed è prodotta in tutto l'arco alpino a partire da un succo di visciole.

In Abruzzo, il ratafià, quello vero (ndr),  è un liquore diffuso in tutta la regione a base di amarene e di vino rosso ottenuto da uve del vitigno Montepulciano.

L'etimologia è incerta.
Da alcuni, il termine è fatto risalire a tafià, un'acquavite delle Antille ricavata dalla canna da zucchero, ma è più verosimile la spiegazione popolare.
In piemontese "rata fià" significa "gratta fiato", conferendo così al liquore proprietà lenitive per la tosse e il mal di gola.
Però la spiegazione più attendibile (ma solo perché piace di più a me) risale alla tradizione abruzzese che prevedeva che il liquore venisse offerto al notaio a conclusione di un contratto stipulato, rata fiat.
E ne fornisce testimonianza Alessio de Berardinis in "Ricordi sulla maniera di manifatturare vini e liquori" (Teramo 1868) "il nome... gli fu dato da quell'uso che anticamente avevano gli ambasciatori delle potenze belligeranti quando trattavano della pace ad una lieta mensa, di bere questo liquore e di pronunciare quelle semplici parole latine Pax rata fiat!"


mercoledì 16 ottobre 2019

16/10/19: Una pillola di italiano al giorno


Oggi inizio una nuova rubrica: una pillola di italiano al giorno!

Potrò pubblicare l'etimologia curiosa di una parola, una parola desueta, un regola grammaticale, un l'origine di un modo di dire o di un proverbio.



La parola di oggi è BOICOTTAGGIO

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Il boicottaggio è un'azione individuale o collettiva coordinata avente lo scopo di isolare, ostacolare e/o modificare l'attività di una persona, o quella di un gruppo di persone, una azienda o un ente o anche di uno Stato, in quanto ritenuta non conforme a principio o ai diritti universali o a convenzioni sociali.
Viene dal nome del capitano inglese Boycott, vissuto nel XIX secolo.
Boycott era amministratore terriero di una contea irlandese appartenente a tale lord Erne. Questo Boycott era uno str...o, un infame: pagava i suoi lavoratori meno del pattuito e vessava come poteva i suoi dipendenti. Inutile dire che era odiato da tutti, ma la risposta collettiva ai suoi comportamenti fu delle migliori: i braccianti iniziarono a rifiutarsi di rivolgergli la parola e di lavorare le terre che gestiva.


Così in poco tempo le tenute andarono in malora e Boycott fu licenziato. 
Da qui vengono i termini boicottare e boicottaggio.


Oggi per boicottaggio si intende soprattutto un'azione di mercato organizzata, volta ad evitare l'acquisto dei prodotti di una certa azienda al fine di far pressione perché modifichi le sue politiche ritenute scorrette: si può boicottare un'azienda per le condizioni inumane dei suoi lavoratori, perché impiega sostanze nocive, perché si disinteressa alle istanze ambientalistiche. 
Il boicottaggio non è più quindi quello del bracciante di Boycott, ma del consumatore: con l'acquisto il consumatore finanzia e vota, e attraverso il boicottaggio, più o meno concertato, esercita il suo potere per indurre un cambiamento in un agente del mercato




Fonte: Wikipedia

giovedì 10 ottobre 2019

Il Grigio: una storia tesa

Il Grigio è un’opera, un monologo teatrale scritto da Giorgio Gaber e Alessandro Luporini con la regia di Giorgio Gallione, in scena al Carcano.
Il protagonista, interpretato dal talento eccentrico e irriverente di Elio, ex leader degli “Elio e le Storie Tese”, è il prototipo dell’uomo medio contemporaneo che si ritrova ad affrontare una crisi esistenziale tanto banale quanto comune. 
É la storia di un uomo che si allontana da tutto e da tutti, afflitto più da problemi personali che sociali. Si ritira in campagna per stare tranquillo e fuggire da una ex moglie, un’amante, una figlia che forse non è sua. 
La sua desiderata solitudine è però subito disturbata da un fantomatico topo: è “il grigio”, forse un fantasma, forse una proiezione, certo l’elemento scatenante degli incubi e dell’inesorabile e ironico viaggio interiore, elemento portante dello spettacolo. 
Al flusso di coscienza si intervallano le canzoni di Gaber, magistralmente interpretate dalla voce possente di Elio, cercando di non distogliere l'attenzione dall'atmosfera intima disseminando di iconiche frasi il palco, arricchito da una scenografia semplice ma efficace. 
Il topo, incubo ricorrente, ma anche parametro per poter diventare migliori resta sempre, nonostante i trucchi, la forza e l'arguzia. E' il destino dell'uomo anche in un mondo invaso dalla volgarità, anche nella storia di un uomo “Pensatore vuoto con l'alibi del sentimento”. 
Rappresenta l’importanza di avere un avversario, un antagonista, una sfida per sfuggire alla monotonia e alla noia di una vita ripetitiva e senza significato, come quella del vicino di casa, generale in pensione, che pettina le galline e si lascia ipnotizzare dalla luce fluorescente della tv, giorno dopo giorno, con precisione marziale: “ognuno ha l’infinito che si merita”. 
“Il Grigio” è quindi, la “reincarnazione senza carne” di un uomo che a 50 anni le ha provate tutte, nella vita, nel lavoro, nei rapporti amorosi e si trova solo con la consapevolezza dei suoi mostri, de “i mostri che abbiamo dentro”, come cantava Gaber. 
Si resta con l’amaro in bocca, con la stessa rassegnazione e la stessa consapevolezza che raggiunge Drogo ne “Il deserto dei Tartari” di Buzzati, senza sconfiggere la morte o scacciare il topo, ma superando la paura di morire con il raggiungimento di un senso che supera l’individualità.

mercoledì 2 ottobre 2019

Ossimoro di luna piena

Una virgola di luna
ascolta sorda
le preghiere
di un poeta stanco

Nascondo
le mani in tasca,
a frugar centesimi
di povera felicità.

E cerco
il rumore di una conchiglia
appoggiando il mio orecchio
tra le onde del mare

Insonnia

Nell'inquieta luce della sera conto i miei versi ad uno ad uno per dormire in attesa di una rivoluzione. C'è bisogno di prudenza anc...