Ieri sono andata a vedere “Quello che non ho” al Teatro
degli Arcimboldi, che tra parentesi, è un bellissimo teatro.
“Quello che non ho” è uno spettacolo di teatro canzone con
Neri Marcoré che racconta con le poesie musicali di De Andrè e le visioni profetiche di Pier Paolo Pasolini
il mondo di oggi in costante equilibrio tra l’ansia del presente e la speranza
nel futuro .
Un binomio potente di parole e note che disegna un paese e
un pianeta pieni di pregiudizi, votati ad un consumismo becero e distruttivo,
dove lo sviluppo non porta evoluzione e il potere subdolo sembra aver
addormentato la coscienza critica di tutti.
Ad accompagnare lo spettacolo e a donargli un grande valore
aggiunto, un abile trio di musicisti: la cantante Giua e le chitarre di Pietro
Guarracino e Vieri Sturlini.
Marcorè è un mattatore, spazia dalla recitazione al canto
suonando anche la chitarra. Anche se, secondo me, responsabile della buona
riuscita dello spettacolo sono la scelta intelligente, del regista Giorgio
Gallione, dei testi di De André, quasi tutti tratti dall’album “Le nuvole” e l’ottima
performance dei musicisti.
Altrimenti Marcoré è stato un po’ troppo statico con una
recitazione molto impostata, e a volte quasi didascalico nell'elencare le notizie,
ma è stato spettacolare come imitatore, a tratti sembrava davvero che sul palco
ci fosse Fabrizio De André.
Intrecciando realtà e paradosso, satira e suggestione
poetica, con un ritmo sincopato, si pone la luce su alcuni dei maggiori orrori
mondiali e su alcune tragiche facezie nostrane.
Le gigantesche isole di plastica che
riempiono gli oceani.
I bambini nel mondo sfruttati per lavorare in miniera o come bambini soldato.
Le guerre civili causate dal coltan,
minerale indispensabile per l’industria elettronica.
L ‘inquinamento della costa di Siracusa dopo
il disastro ambientale di Priolo. I bambini deformi. Marina di Melilli il paese
che non c’è più.
I bambini rom morti bruciati vivi per la
povertà.
Fino alle surreali interrogazioni
parlamentari che lamentano la scomparsa di Clarabella dai gadget dell’acqua
minerale.
Tutto questo
si contrappone costantemente alle riflessioni ciniche di Pasolini, profeta
della realtà italiana di oggi, specchio del mondo e del consumismo estremo dominante:
un ossimoro tra forza e sensibilità, che è il leitmotiv di tutto lo spettacolo.
Il percorso si chiude con un briciolo di speranza: il ritorno delle lucciole, di
cui Pasolini, aveva denunciato la scomparsa nella dissoluzione morale, politica
e sociale dei suoi giorni.